Le Ong si preparano a opporsi all’apertura dei centri dei rimpatri per i migranti costruiti in Albania in seguito all’accordo tra la premier Giorgia Meloni e il primo ministro di Tirana Edi Rama. È pronta infatti Mission Lifeline, Ong tedesca che ha annunciato di voler entrare in Albania e ricevere informazioni sui Cpr italiani. Tutto per creare un grande caos mediatico intorno a una misura fondamentale voluta dall’esecutivo italiano nel contrasto all’immigrazione illegale: lo smistamento di migranti irregolari verso l’Albania ridurrà il carico di persone verso le nostre coste e semplificherà il lavoro di accettazione (o di diniego) delle domande d’asilo.
Ma per Martin Kunze, membro della Mission Lifeline, si tratta di un “campo di deportazione in Albania”. Secondo quanto rivelato da Libero, infatti, in un messaggio che l’attivista ha rivolto a un suo collega si legge che “insieme ad altre numerose Ong, incluse Sea-Watch, Sos Humanity, ResqS, siamo profondamente preoccupati del recente accordo migratorio tra Italia e Albania”, dicendosi in apprensione per le “potenziali violazioni di diritti umani che potrebbero sorgere da questo accordo”. Poi l’annuncio: “Domenica prossima, la nostra squadra raggiungerà l’Albania per una settimana per raccogliere in prima persona impressioni sulla situazione”. E infine l’ammissione: “Il nostro obiettivo è connetterci con le comunità locali, gli attivisti, le Ong e i giornalisti che possono fornirci maggiori informazioni e approfondimenti”.
Il fronte ipocrita delle Ong
Si prepara, dunque, il grande fronte anti-destra per bloccare e contestare i lavori in Albania, che dovrebbero essere ultimati nel giro di poche ore. Si vuole, in pratica, delegittimare un tassello fondamentale della grande e ampia strategia della Meloni riguardo la questione migratoria: ai tanti accordi conclusi per fermare partenze e bloccare gli affari dei trafficanti di esseri umani, si va ad aggiungere il Protocollo siglato con il governo albanese a novembre, che si sofferma sulla gestione dei migranti e su un molto più celere esame delle domande, per rimpatriare più velocemente chi non ha diritto di restare in Italia e in Europa. D’altronde, la Lifeline era già conosciuta per le sue posizioni radicali, tanto che, nel 2020, un suo capitano ha deciso di lasciare il progetto della Ong proprio per le sue posizioni fin troppo estremiste: “Per me si tratta di salvataggio in mare – disse –, non di agitazione politica. Anche se il salvataggio in mare nel Mediterraneo ha una componente politica”.
Componente politica che ora viene fuori (e non è una novità) con tutta la sua forza. Ora che al governo della Nazione c’è la destra, e dunque un esecutivo non connivente su certi affari. Con l’Albania che ora diventa il posto prediletto per tentare un’opposizione politica contro il governo. Ma, come già spiegato svariate volte, in Albania non ci saranno violazioni dei diritti umani: verrà applicata la legge italiana, nel rispetto di quella albanese (con l’avallo della Corte costituzionale di Tirana) e verrà garantito il rispetto del diritto internazionale sul trattamento degli stranieri, ma anche sui rimpatri. Se il vero delle Ong è salvare vite, continuino a farlo, senza però voler interferire sulle decisioni di Nazioni sovrane.
L’ ipocrisia delle ong : il pericolo che gli affari si sgonfino e’ reale, quindi barricate contro le decisioni del governo!