Antisemitismo in crescita in tutto il mondo: il peso dell’estrema sinistra e il fallimento dell’inclusività

Dall’attacco di Hamas a Israele dello scorso 7 ottobre, i casi di antisemitismo nel mondo sono notevolmente aumentati. A dirlo è il Rapporto 2023 sull’Antisemitismo nel mondo pubblicato ieri dall’Università di Tel Aviv e dalla Anti-Defamation League. I Paesi maggiormente colpiti sono Stati Uniti, Francia, Regno Unito, Australia, Italia, Brasile e Messico. L’aumento sul 2022 è notevole, di decine di punti percentuali e, malgrado la crescita più corposa si è avuta dopo il 7 ottobre, “il Rapporto sottolinea che la maggior parte dei Paesi con ampie minoranze ebraiche ha registrato aumenti relativi anche nei primi nove mesi del 2023, prima dell’inizio della guerra”. L’incremento di aggressioni anti-semite varia di Paese in Paese: nella sola New York, la città americana più ebraica, i casi di violenza sono cresciuta dai 261 del 2022 ai 325 del 2023. In Brasile, in Francia e nel Regno Unito le crescite più spaventose: rispettivamente +1342, +1240 e +2441 casi nel giro di un anno. In aumento anche le aggressioni fisiche: arrivano a 85 in Francia e a 266 nel Regno Unito. Anche la nostra Nazione ha conosciuto un aumento considerevole, quasi al raddoppio, sebbene i numeri siano meno elevati rispetto a quelli di altri Paesi: nel 2022 le violenze contro gli ebrei sono state 241, per il 2023 invece se ne contano 454: 259 online, 195 dal vivo. Una sola violenza fisica, a fine 2023, in una scuola, dove uno studente ebreo è stato percosso da altri compagni di classe che inneggiavano alla Palestina. Come per il resto del mondo, sebbene la crescita più alta si è avuta dopo il 7 ottobre (considerando il trimestre ottobre-dicembre, infatti, i casi sono passati dai 67 del 2022 al 216 del 2023), nei mesi precedenti era già stato osservato un aumento (238 nel 2023 contro i 174 del 2022).

Antisemitismo di estrema sinistra

Secondo gli studiosi, il problema che potrebbe nascere è ripercorrere le persecuzioni di inizio Novecento: non si è a quei livelli, certo, ma le continue violenze potrebbero portare gli ebrei a dover rinunciare al proprio stile di vita. Una tesi che trova in parte già applicazione (dalla Francia sono stati circa 40.000 gli ebrei che hanno fatto ritorno in Israele dal 2010) e che stride con le campagne di inclusione volute dalla sinistra occidentale, dal pensiero perbenista, liberal, radical che ha fatto tanto per combattere le disuguaglianze ma che ora finge di non vedere che l’antisemitismo odierno pende completamente a sinistra. In Norvegia, ad esempio, gli ebrei vittime di violenze antisemite hanno rivelato che il 63% dei casi è da additare a “qualcuno con un back-ground musulmano” e il 48% a “qualcuno con una visione di sinistra”. Il 5% invece a “qualcuno con una visione di destra”. Insomma, qualcosa è andato storto a sinistra: per anni impegnati a ricordare i crimini nazisti della Shoah, ora i liberal di tutto il mondo dimenticano di tirare le orecchie agli estremisti della loro area di pensiero, a scapito dei loro stessi insegnamenti ultra-inclusivi. Lo stesso studio, infatti, ha decretato il fallimento della DEI, la politica di diversità, equità e inclusione seguita da tanti atenei, soprattutto statunitensi: “Mentre la DEI – si legge – potrebbe aver iniziato a identificare il tradizionale antisemitismo di destra come una minaccia per le comunità ebree in seguito alla sparatoria alla sinagoga di Pittsburgh nel 2018, si è ampiamente dimostrata incapace, sia prima che dopo il 7 ottobre, di distinguere e scoraggiare l’antisemitismo di estrema sinistra, minimizzando o sminuendo le sue manifestazioni”. Due pesi, due misure.

Fallimento accademico

Un intero capitolo dello studio è dedicato ai “fallimenti accademici”, gli atenei e le scuole come luogo preferito per dimostrare tutto l’odio antisemita. Con riferimento agli Stati Uniti, “centinaia di studenti si sono riuniti settimana dopo settimana, glorificando la violenza di Hamas in manifestazioni chiassose e, a volte, violente, in dozzine di campus in tutto il Paese. Relatori di spicco hanno espresso sostegno al terrorismo con gioia frenetica del loro pubblico, che ha sventolato cartelli e bandiere e ha cantato con entusiasmo slogan dedicati alla distruzione di Israele e alla più ampia eliminazione del popolo ebraico”. Inutile ricordare che il fallimento del mondo accademico si è avuto anche in Italia: i manifestanti, pochi studenti ideologizzati, hanno trovato sovente l’appoggio di collettivi, centri sociali e di alcuni docenti, che hanno dato applicazione alle loro richieste: bloccare le collaborazioni tra i loro atenei e le università israeliane. La situazione sta degenerando di giorno in giorno: da Bologna è stato lanciato “l’Intifada studentesca”, affinché “tutte le università e tutte le città d’Italia” si mobilitino “per l’arresto del genocidio, l’impedimento dell’invasione di Rafah e il supporto alla Resistenza palestinese”. Anche in questo caso, pochi studenti (di sinistra) tentano di avere la meglio sulle maggioranze.

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