Brexit: Deal o No-Deal? Questo è il dilemma…

I possibili scenari che si prospettano.  Manca ormai poco al 29 marzo, data in cui è prevista l’uscita ufficiale della Gran Bretagna dal sistema dell’Unione.
Nei giorni passati i due soggetti politici coinvolti si sono posti su piani nettamente differenti: da una parte abbiamo la Gran Bretagna, che ha ribadito in sede parlamentare l’assoluta volontà e necessità di trovare un (nuovo) accordo con i 27;  dall’altra vi è l’UE , che si dichiara contraria ad una rinegoziazione del patto ed è pronta a procedere in qualsiasi direzione, anche a costo di una uscita disordinata del Regno Unito.

In sintesi, si verificherà una condizione di Brexit più morbida, per così dire, oppure i due protagonisti, semplicemente,  affronteranno il divorzio tagliando di netto i rapporti.

Per capire meglio ciò di cui si sta parlando, cerchiamo di analizzare le possibili conseguenze in entrambi i casi.

Che cosa succederebbe se si giungesse a un accordo con l’Unione. In questo scenario, si andrebbe incontro a un cosiddetto “periodo di transizione”. Con questo termine ci si riferisce a un periodo di tempo che va dal 29 marzo 2019 al 31 dicembre 2020, o anche dopo preferibilmente, che permetterebbe di prepararsi ad affrontare adeguatamente le nuove regole che troverebbero applicazione nel post-brexit. La libertà di circolazione continuerebbe ad esistere anche durante il periodo di transizione, così come voluto dall’UE.
Infine, il Regno Unito sarebbe in grado di battere i propri accordi commerciali, sebbene questi non entrerebbero in vigore fino al 1 ° gennaio 2021. Tuttavia, questo periodo di transizione è attualmente previsto solo nel caso in cui Regno Unito e UE giungessero ad un accordo più o meno accettabile per entrambe le parti.

Che cosa succederebbe se non si giungesse a un accordo con l’Unione. Senza un accordo con l’Unione, la Gran Bretagna agirebbe secondo le regole dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC), e ciò potrebbe significare controlli doganali e tariffe su merci e controlli di frontiera più lunghi per i viaggiatori. Se si dovesse realizzare questa ipotesi, inoltre, ci si troverebbe ad affrontare temi spinosi su cui non si ha ancora una visione chiara e precisa: prima fra tutti, la questione dei confini tra Regno Unito e Repubblica d’Irlanda. Ma anche, e non meno importante, la posizione dei cittadini britannici che vivono all’estero, che potrebbero perdere i loro diritti di residenza e di accesso ai servizi di assistenza sanitaria d’emergenza gratuita.

Il braccio di ferro tra Westminster e Bruxelles porterà probabilmente a nuovi sviluppi nei prossimi giorni. Possiamo solo aspettare e sperare che l’esito di tale confronto sia quanto di più vicino agli interessi della totalità dei cittadini, sia inglesi che europei.

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