Il trend negativo di nascite si conferma ancora in corso in Italia. I numeri pubblicati lunedì dall’ISTAT sono molto tristi e parlano chiaro: nel 2022 le nascite sono state 393 mila, ben settemila in meno rispetto all’anno precedente. L’età media è di 46 anni, ma il 24% della popolazione ha già compiuto 64 anni mentre solo il 12% ha meno di 14 anni. La popolazione è scesa per la prima volta sotto i 59 milioni, ben lontani da quei 60 milioni superati nel 2013 e nel 2008, quando il numero di nascite registrò il valore più alto del nuovo secolo: ora, in media, per ogni bambino sotto i sei ci sono cinque anziani. Sotto questo punto di vista, bene la provincia di Bolzano con tre anziani per bambino; malissimo Sardegna e Liguria, con quasi otto anziani per bambino. La Regione più giovane è la Campania, con 43 anni di età media; male ancora la Liguria, che raggiunge quasi 50 anni. Causa del calo demografico anche il triste dato sulla permanenza nella casa familiare: il 61% dei giovani infatti resta nella famiglia di origine fino ai 35 anni di età. Le previsioni sono tragiche: di questo passo nel 2050 la popolazione scenderà a 54 milioni, con un trend che non troverà arresto fino al 2100, anno in cui è previsto un calo del 50% della popolazione.
Troppo pochi i provvedimenti dei governi precedenti in materia familiare, ma ora qualcosa sembra muoversi con le politiche su sgravi fiscali sulle giovani lavoratrici su chi vuole avere figli attuate dal governo Meloni. In primis, già dall’anno scorso era stato aumentato l’importo dell’Assegno unico, in particolare per i nuclei con figli minori a carico (fino al 50% per figli a carico di età inferiore a un anno), i nuclei numerosi (fino al 50% per i nuclei composti da tre minori fino al terzo anno di età di ciascun figlio) e quelli con figli disabili: quest’anno è previsto un ulteriore aumento del 5% in adeguamento alla crescita dell’inflazione. Inoltre, si ricordano ancora le misure contenute in manovra che incentivano gli imprenditori all’assunzione di persone appartenenti a categorie fragili, come giovani, donne e giovani madri: “Prevediamo – dichiarava Giorgia Meloni lo scorso ottobre – che le madri con due figli o più non paghino i contributi a carico del lavoratore”, evidenziando come la prospettiva fosse quella di “smontare la narrativa per cui la natalità è un disincentivo al lavoro”. Nella stessa occasione, erano stavi approvati provvedimenti in favore delle famiglie numerose e per combattere la denatalità con risorse pari a un miliardo di euro, come i 380 milioni per integrare lo stanziamento dei mutui sulla prima casa, le risorse per contrastare il caro energia o l’aggiunta di un altro mese di congedo parentale per genitori con figli fino ai 6 anni. Altre misure inoltre incentivano il ritorno dei cosiddetti “cervelli in fuga”, con decontribuzioni molto favorevoli, fino al 70%, per chi rientra in Italia con figli o diventa genitore nel periodo, appunto, di decontribuzione. Anche lo stesso taglio del cuneo fiscale o le varie manovre in tema economico nascono in questo contesto. Servirà ancora altro, la strada per una vera inversione di marcia è ancora lunga, ma qualcosa sembra muoversi: è ancora presto per festeggiare, siamo ben lontani dal rapporto uno a uno tra bambini e anziani ottenuto negli anni ’70, ma le politiche del governo Meloni si muovono nella giusta direzione. I risultati arriveranno inevitabilmente tra diversi anni: ai posteri l’ardua sentenza.