Complottismo o atto dovuto? La vicenda che vede coinvolto il presidente della Regione Sardegna, Alessandra Todde, sta raggiungendo livelli quasi kafkiani. L’ultimo aggiornamento sui fatti racconta che la Procura di Cagliari ha aperto un fascicolo sul caso. Non risultano esserci indagati né accuse, ma intanto i magistrati hanno posto la loro attenzione sulla possibile irregolarità dell’elezione di Todde, che avrebbe mancato l’indicazione di alcuni requisiti fondamentali per la sua candidatura. In ogni modo, i tempi per tornare al voto (probabilità tutt’altro che da escludere) potrebbero essere lunghi e anzi, potrebbero allungarsi più del dovuto se i membri della Giunta per le elezioni del Consiglio regionale si dichiareranno non competenti a decidere sulla decadenza della Todde.
La teoria del complotto sardo
Non è questo il punto, però. Il coinvolgimento diretto del campo largo nella questione sta dando perle inaspettate. Come le indiscrezioni lanciate dal Corriere della Sera sulle parole pronunciate dietro le quinte dai membri del Nazareno: per i canali ufficiali, il Pd ha confermato il suo sostegno a Todde mettendosi a disposizione per la risoluzione dell’inghippo, ma in vesti non pubbliche i dem parlano di “sciatteria”, di “terribile incompetenza” e di “figura di m…”. Altra perla è arrivata direttamente dal Movimento Cinque Stelle. Emma Pavanelli, deputata del partito di Giuseppe Conte, ha dichiarato nei giorni scorsi che “la sanzione comminata del Collegio di garanzia della Corte d’Appello di Cagliari nei confronti della Presidente Alessandra Todde è illegittima e sproporzionata”. E dopo aver criticato la scelta dei magistrati (guai se a farlo fosse stata la destra) arriva addirittura il richiamo al complotto contro Todde: “Se nel 2020 il governatore del Veneto, Luca Zaia, ha presentato un rendiconto a zero, ritenuto coerente dagli organi di controllo, è facile pensare che per la presidente Todde si tratti dell’ennesimo episodio in cui sono stati usati due pesi e due misure e si sia utilizzato il pretesto per gettare fango sul Movimento 5 Stelle. È forte il sospetto che continua a prevalere la paura di avere in Sardegna una presidente con le mani libere e lontana dalle solite logiche clientelari”. Altolà, dunque: il Movimento Cinque Stelle compie errori burocratici, anche piuttosto grossolani, tanto da essere irriso pure dagli alleati del Partito Democratico e, piuttosto che fare mea culpa e ammettere la mancanza, tirano in ballo il complotto sardo.
Diventa molto più esplicita la tesi nelle parole di Marco Travaglio, sulle colonne del Fatto Quotidiano: “Noi non crediamo ai complotti, ma una domanda la poniamo: la sorella e il padre di due avversari politici della Todde non dovevano astenersi dal giudizio sulla Todde?”, chiosava lo strenuo contiano nel suo editoriale del 7 gennaio. Il riferimento, come spiegato dal Tempo, è alla presidente della Corte d’Appello di Cagliari e a un componente del Collegio di garanzia elettorale: la prima ha un fratello in Azione, il secondo invece ha un figlio in Forza Italia, candidato alle regionali e risultato non eletto. Dunque la teoria del complotto servirebbe per coprire gli erroracci di quella che, tutto sommato, è una delle prime esperienze a guida di una Regione per il Movimento Cinque Stelle. Le prime volte dei pentastellati non sono mai andate benissimo: per la prima volta al governo, hanno creato un buco di miliardi di euro all’erario statale con il Superbonus. Lì, in Sardegna, hanno fatto il danno prima ancora di iniziare.