Chi può dire che la preghiera di San Michele Arcangelo non possa diventare il galateo della destra italiana? Dominatori di tenebre se ne contano a bizzeffe oggi, a cominciare dai mercanti sregolati di opinioni sui social fino a giungere ai più pericolosi riferimenti politici che dettano la linea e tracciano la rotta ai loro adepti, militanti, esecutori di tirannie. Contro di essi sia un Principe della milizia celeste, figura gentile e tenace che nulla teme contro le forze del male. Sia metafisico e fisico, dunque trasmetta politicamente quei principii nobili con la forza delle azioni e a voce bassa, se non durante l’atto di infliggere il colpo mortale. Sia spirito ma lasci traccia, come San Michele Arcangelo nella grotta a lui dedicata a Monte Sant’Angelo, in Puglia.
I DOMINATORI DELLE TENEBRE
Dominatori delle tenebre se ne contano nel mondo della finanza, della politica, dell’associazionismo e tra gli opinionisti internauti e televisivi. Visualizziamo l’evoluzione della specie, come dal pesce all’uomo, in una sequenza di metamorfosi genetica e dei luoghi che s’intreccia con la necessità di adattamento. Bene: adesso immaginiamo questi dominatori con una gamba accavallata e il gomito sulla spalliera del salotto a parlarci, ad esempio, di quanto sia umano e morale far approdare vite umane su una costa italiana -salvo dimenticarsene dal passaggio successivo (riconoscimento e controlli burocratici) in poi, eccetto quando c’è odor di interessi economici collegati a progetti di accoglienza che, com’è noto, naufragano nella maggior parte dei casi- e di quanto sia giusto sconfinare anche in barba alle leggi e al diritto. Immaginiamoli poi, in una sequenza successiva, su una barca di proprietà, a spiegarci quanto sia ingiusto e contro legge interrogare bendato l’assassino di un servitore dello Stato e parlarci di stato di diritto e di violazione delle leggi. Perché “sulla pelle”, sì, ma solo di alcuni. Si è disposti perfino a difendere gli americani, interrompendo la tradizione, pur di tenere alta la bandiera anti-italiana. Continuiamo a visualizzare la metamorfosi e immaginiamoceli salire a bordo di “furgoncini dell’orgoglio”: lasciano i salotti, scendono dalle navi delle ONG, dalle barche di proprietà, sciolgono le gambe, rilassano le braccia e cantano e ballano nelle nubi arcobaleno urlando agli unicorni che bisogna combattere contro il loro nemico “drago nero”, che bisogna sconfiggerlo per conquistare ogni spazio ed ottenere privilegi e tutela. E diventare finalmente una specie protetta, come i panda, e commercializzati sotto l’effige arcobaleno. I dominatori delle tenebre non riconoscono la famiglia tradizionalmente intesa, quel nucleo fondante della società che consente la prosecuzione della specie umana e della civiltà.
COMBATTERE IL CAOS
Quasi certamente per questi il concetto di società e di civiltà si aggroviglia nel caos da loro stessi generato e che poi non sapranno spiegarci: il processo di metamorfosi e di adattamento naufraga, ad esempio, in un paese della provincia di Reggio Emilia, Bibbiano. Loro glissano o restano in silenzio. Difficile, d’altronde, giustificare malefatte ai danni di bambini, utilizzati come strumenti di scambio in un sistema di sottrazione e manipolazione che probabilmente ha origine vent’anni fa ed intreccia la vita di più persone, alcune delle quali morte suicide o di crepacuore per esser state (forse) ingiustamente coinvolte ed aver perso la dignità. “Parlateci di Bibbiano” deve necessariamente diventare una delle spade roventi della destra, non come lo sono stati i metatèmi della sinistra degli ultimi anni, tra i quali ad esempio l’ironia sui Marò, ma come colpo mortale da infliggere. I dominatori delle tenebre hanno costruito il loro consenso su metatèmi partendo da Ruby, passando per la legge Fornero, poi i Marò, le offese a Cecile Kyenge ed una serie di corollari a disastri -come il salvataggio di banche e la consegna delle chiavi del Paese all’asse politico ed economico franco-tedesco- che hanno portato poi un uomo, un partito, un governo, all’autodistruzione.
UN PRINCIPE DELLA MILIZIA CELESTE
Un principe della milizia celeste si faccia carico di sconfiggere i dominatori delle tenebre. Lo faccia impugnando la spada -nella simbologia micaelica corrispondente alla Parola di Dio-, quindi con la forza delle idee, con una linea politica retta e con la cultura acquisita nel tempo; indossando l’armatura -che è Fede-, trasmettendo cioé il Credo, la tradizione, tenendo accesa la fiamma di un fuoco sacro che può ardere per intere generazioni; indossando la Corona, tenendo alta la dignità del pensiero, della parola, delle intenzioni e delle azioni, compiute e da compiere; affidi compiti nel rispetto delle gerarchie degli “ordini”. E non dimenticando lo Scudo: facendosi aiutare dalla Chiesa e partecipando alle omelie, dove spesso risiede la soluzione, anche strategica, ad alcune grandi domande.
PAPA RATZINGER PARLA DI MICHELE
Viene in soccorso un passaggio dell’omelia di Benedetto XVI -forte caldeggiatore del ritorno della Preghiera a San Michele Arcangelo a fine Messa – del 29 settembre 2007 nella festa degli Arcangeli; parlando di Michele: 《…Egli difende la causa dell’unicità di Dio contro la presunzione del drago, del “serpente antico”, come dice Giovanni. È il continuo tentativo del serpente di far credere agli uomini che Dio deve scomparire, affinché essi possano diventare grandi; che Dio ci ostacola nella nostra libertà e che perciò noi dobbiamo sbarazzarci di Lui》. Ebbene si torni a difendere la causa dell’unicità; a contrastare le presunzioni di chi tenta e fomenta quotidianamente l’idea che le leggi possano essere violate, che i confini possano essere rotti, che non esista la difesa largamente intesa e che l’idea antica di famiglia sia sbagliata.
LA FORZA DI MI-KA-EL
Si sconfessi la convinzione che si è tutti figli del mondo: ciascuno di noi è figlio di una nazione, di una Patria, di una Bandiera. Ciascuno di noi, con e nella propria identità di singolo, deve perciò portare alto uno stendardo e, in un passaggio successivo, unirsi ad altre identità e diventare mondo. Chi tenta di contrastare questa idea nel tentativo di farla scomparire “per poter diventare/ritornare grandi” e riportare l’Italia nelle grinfie di una caotica identità, ammette tacitamente il proprio fallimento; non un fallimento solamente personale ma il fallimento di un’idea, di un progetto, di una comunità. Oltreché la propria debolezza. A questi si risponda con l’unicità: con l’esaltazione dei campanili, della sinuosità dei confini, delle specialità della terra. Si lanci la spada ad ogni tentativo di denigrazione della difesa dello Stato; ad ogni sopruso compiuto a vantaggio di una cerchia di eletti e contro un intero popolo; si accompagni il processo di accoglienza con un’integrazione tricolore, affinché il tentativo di sostituzione etnica si trasformi invece in percorso di italianizzazione.
Non c’è Dio in terra ma se è vero che Egli ha creato a sua immagine e somiglianza, dunque, in terra può esserci qualche Mi-Ka-El (Chi è come Dio) con nuovi anacoreti al seguito in grado di lodarne e sostanziarne le gesta, di lasciare gli eremi e fondersi finalmente in comunità.
E se la forza di Mi-Ka-El e del suo popolo ha vigore, a nessun’altra sarà dato vincerla.