Giorgia Meloni in piedi tra le macerie politiche della crisi

Se non puoi convincerli, confondili. Potrebbe essere il mantra del M5S in queste ore. Potrebbero aver già deciso da giorni che la sorte di questa calda crisi di governo è ricomporre il governo gialloverde. Ma è un’ipotesi (perché solo di ipotesi si può parlare, dato che più che all’analisi di strategie politiche questa crisi ci porta alla psicoanalisi): il vero ostacolo da superare, dunque, sarebbe comunicarlo all’esterno -e quindi anche al Presidente della Repubblica- senza rischiare di mandare all’aria quel briciolo di dignità che ormai sopravvive e per limitare le reazioni dell’opinione pubblica. Perché se è vero che i Cinquestelle per anni hanno ricoperto di insulti il Pd, è vero anche che nelle ultime settimane non hanno risparmiato l’ex alleato di governo.
C’è però che l’ipotesi di un governo giallorosso è sgradita ad una larga parte della base grillina e lo si evince dai commenti che stanno affollando le pagine ufficiali di Di Maio, del Movimento e dell’uomo-pedina Di Battista, chiedendo un ritorno al governo gialloverde e ribadendo il “mai col Pd”.

Ma ci sarebbe iI comportamento politico da analizzare: i vertici del Movimento sono impegnati a creare confusione giocando al rialzo col Pd. Luigi Di Maio ha incontrato Zingaretti, si era partiti con la necessità di accordarsi sul primo punto del decalogo (il meglio detto “Libro dei sogni”), ossia il taglio dei parlamentari, si è finiti a cena col discutere di poltrone e posizionamenti.
La situazione interna ai potenziali nuovi alleati è frammentata e confusa: Renzi contro Gentiloni, richiesta di un Conte-bis, Gentiloni commissario UE (poi prontamente smentita da fonti Pd) in serata, tutti dicono tutto e il contrario di tutto. Il Pd, dalla sua, è frammentato tra -appunto- Renzi e Gentiloni che vanno a sommarsi alla frattura con Zingaretti; il M5S con un Di Battista favorevole al ritorno di Salvini o elezioni subito (non per ridare voce agli italiani ma per toglierla a Di Maio, definitivamente), con un Grillo sempre più vicino a Renzi e con un Di Maio vestito da democristiano affamato di leadership, consapevole che solo la riedizione del governo gialloverde può conferirgliela.

In realtà tutto fa pensare che il M5S stia solo scegliendo la strategia d’uscita tra due possibili: o sfruttando la crisi interna al Pd (potenziale citazione: “Abbiamo discusso a lungo e, sebbene ci fosse qualche punto in comune che faceva ben sperare in una fattiva collaborazione, in questo momento la crisi interna al Pd non è il presupposto utile alla formazione di un nuovo governo: il Paese ha bisogno di una rappresentanza solida e limpida e il Partito Democratico in questo momento è spaccato, non ha le idee chiare e non è garanzia per il Paese”), o scaricando la responsabilità sulla base attraverso la piattaforma Rousseau -mai citata in queste settimane di crisi- con un esito che quindi possiamo immaginare. Scurdàmmoce ‘o passato e via alla nuova composizione del governo gialloverde, con nuovi uomini e sempre “per il bene del Paese”.

A cosa sarà servita questa crisi? A far emergere le spaccature in tutti i partiti, a frammentarli ulteriormente ma soprattutto a chiarire i posizionamenti di tutte le parti in causa: sappiamo che Renzi si sta preparando ad una carriera politica nuova con la creazione di un nuovo contenitore di cui sarà titolare e con cui si presenterà alle prossime competizioni elettorali, seguito forse da tutta la truppa parlamentare; Zingaretti potrà restare dov’è senza il timore di essere scalzato -dopo essersi fatto scalzare- ma probabilmente senza alcuna bandiera in Parlamento; Di Maio, Di Battista e Grillo disposti a snaturarsi, svendersi, prostituirsi e accoltellarsi alle spalle pur di acquisire potere; Berlusconi in bilico tra la lucidità della Bernini e l’opaca nostalgia del Patto del Nazareno; Giorgia Meloni in piedi tra le macerie politiche, ferma nelle posizioni lì dov’era all’indomani del voto a marzo 2018 e in costante crescita nel consenso, premiata dalla chiarezza che solo Fratelli d’Italia ha avuto in questo scenario circense. Salvini? Speriamo che se la cavi.

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