Le notizie sono diverse, ma hanno una stessa origine: la persecuzione dei cristiani nel mondo. Argomento di cui si parla sempre troppo poco. Di cui soprattutto la Chiesa di Roma, tutta presa da migranti africani, parla troppo poco. Anzi, diciamo pure niente. Per far dire qualche parola in proposito a Bergoglio, bisogna proprio che i fatti siano eclatanti, che le vittime si contino a decine, altrimenti non sembra che il problema esista, molto meglio parlare dei nigeriani che, poverini, invadono l’Italia.
Comunque, per tornare al succo del discorso, ecco la prima storia, quella di Saima Sardar, 30enne di Faisalabad dove lavorava come infermiera e a novembre prossimo avrebbe dovuto sposare il fidanzato cristiano come lei. Naturalmente, da quelle parti, essere cristiani non è facilissimo, e Saima ne era cosciente senza che però questo le abbia mai fatto mettere in dubbio il suo credo. Così, dopo le tante minacce ricevute dall’ex fidanzato che la voleva convertita all’islam, era stata costretta a chiedere una misura restrittiva affinché l’uomo non potesse perseguitarla e aggredirla anche sul posto di lavoro, in ospedale.
Non è servito. L’assassino Muhammad Waseem è riuscito a introdursi nella struttura mentre l’infermiera era di turno e l’ha freddata con un colpo di pistola. Ad AsiaNews Naveed Walter, presidente di Human Rights Focus Pakistan (Hrfp), dichiara: “Convertirsi a un’altra religione o sposare qualcuno è una scelta personale. Purtroppo nella società pakistana i ragazzi musulmani cui piacciono le ragazze delle minoranze pensano che esse debbano obbedire loro e che la loro offerta non possa essere rifiutata”.
Saima, da sempre di religione cristiana, aveva avuto con Muhammad una storia d’amore anni fa. Una storia finita proprio per via delle differenze religiose. Lui voleva che lei si convertisse all’islam, lei non ci pensava per niente a lasciare la sua fede. Così i due si erano allontanati, e le cose erano andate bene finché Saima non si era fidanzata di nuovo questa volta con un cristiano come lei e a Muhammad la cosa non era andata giù. Era tornato alla carica con la pretesa che lei lasciasse la sua fede, e la minaccia che diversamente l’avrebbe uccisa. Una minaccia che Saima non sottovalutava, ma evidentemente tutti gli altri sì, visto come poi è finita.
La seconda notizia, se possibile anche più orrenda, ci arriva da Giorgia Meloni che l’ha twittata e commentata: “Orrore in Pakistan: bimbo cristiano di 11 anni ucciso dal suo padrone musulmano per un debito di 180 rupie, l’equivalente di 1€. Ora mi chiedo: in quanti decideranno di raccontare la storia terribile del piccolo Balal? Scommettiamo che calerà il silenzio?”
In effetti, non ci è parso di sentire la storia da nessuna parte, né sui TG nazionali, né sui quotidiani e nemmeno nei tanti talk di approfondimento. E allora ve la raccontiamo noi così come l’abbiamo trovata su Asianews: “Giorni fa l’undicenne Balal, cristiano, aveva chiesto al datore di lavoro un prestito di 180 rupie, cioè un euro, per alcune spese necessarie alla sopravvivenza della famiglia. Il giorno seguente, il padrone lo ha molestato perché il bambino non lo aveva risarcito. A quel punto Balal è tornato a casa, si è fatto prestare dalla madre 180 rupie ed è tornato alla discarica per ripagare il debito. Poi ha comunicato al padrone che non avrebbe più lavorato per lui. L’affronto del bambino ha fatto infuriare l’uomo. Per punizione, Ifran e suo fratello Akram, entrambi mussulmani, hanno picchiato il ragazzino con ferocia, colpendolo alla testa con spranghe di ferro e insultando ferocemente durante il pestaggio con frasi tipo “cane infedele” o “tutti gli infedeli devono morire”. E, alla fine, Balal è morto per le percosse ricevute. Sua madre Shareefan, accorsa in discarica perché non vedeva ritornare il figlio, ha assistito al suo pestaggio. Le sue urla disperate hanno richiamato l’attenzione dei vicini che hanno allertato la polizia. Poi la donna ha sporto denuncia contro i due uomini, che però sono fuggiti. Secondo Shareefan, suo figlio sarebbe anche stato stuprato, ma le indagini autoptiche non hanno ancora accertato la violenza sessuale.”