Il fact-checking sballato di La7: Floris dà i numeri sul Governo Meloni

Quando qualcuno vuole confutare le tesi di un altro, facendole decadere e comprovandone la loro mancanza di veridicità, c’è da stare attenti. Un possibile errore in questa fase di giudizio dell’interlocutore può valere il doppio, il triplo. Un po’ come quando a scuola ci capitava l’occasione di correggere il professore: una soddisfazione immensa far notare a quel “so tutto io” (così molto volte lo vedevamo) che anche lui poteva sbagliare. E la soddisfazione si faceva via via più consistente quanto più – come spesso immaginavamo – quel professore ce l’avesse con noi. Capita la stessa cosa anche nel mondo degli adulti: la saccenza, chiamiamola così, dà spesso l’occasione per “vendette” soddisfacenti, soprattutto se l’operazione di “fact-checking” è mossa dall’intento ideologico non di dimostrare la veridicità delle parole di uno, ma di affossarlo. In quel caso, il fact-checking si trasforma, ironia della sorte, nella fonte più prolifica di fake news.

Le cose vanno meglio ma a qualcuno dà fastidio

Kant propone una sua teoria della realtà, quella delle lenti colorate che permetterebbero a un uomo di vedere il mondo in modo alterato. Allo stesso modo, ogni uomo potrebbe percepire delle cose diverse a seconda del filtro che si indossa. Così, in parte succede anche in politica e quel filtro assume le sembianze di una barriera ideologica, di un preconcetto che limita il pensiero, che porta addirittura a non credere a notizie certe e verificate. In altre parole, per la sinistra la Meloni non può aver fatto cose buone. Lei è di destra e i governi di destra non sono formati che da nostalgici e pericolosi autoritari. Con questo filtro, i radical chic vedono il mondo, stravolgono il racconto della realtà, la loro percezione dei fatti. Ma le cose stanno in modo diverso: il Governo Meloni ha ottenuto in pochi mesi risultati che altri esecutivi non hanno raggiunto in anni, in campo economico, in termini sociali, da un punto di vista lavorativo. Non saremo certamente nell’Eden d’Europa, ma è indubbio, dati alla mano, che le cose vanno meglio di prima, di quanto c’era la pandemia e perfino prima di questa. Il parametro è il 2019, l’ultimo anno prima dell’invasione dei Dpcm, ma molte volte viene scelto anche il 2008, prima della caduta della Lehman and Brothers e della crisi dell’euro. Le cose vanno meglio, l’Italia è di nuovo protagonista in Europa, ma la sinistra, con gli occhi coperti da fette di prosciutto, o forse dalle zucchine dei migliori resort umbri, fatica ad ammetterlo.

Il fact-checking sballato di La7

Il tentativo di smontare (senza successo) il buon lavoro del governo svolto in questi primi 18 mesi, è arrivato direttamente da La7, da Dimartedì, da Giovanni Floris, forse ancora frastornati dalla batosta rifilata da Giorgia Meloni alla rete prediletta dei salotti radical-chic. Nel suo geniale videomessaggio, il Presidente del Consiglio faceva notare che “oggi, pur in una situazione difficile, l’Italia è finalmente tornata a crescere più della media europea. È cresciuto l’export, è sceso lo spread e la borsa italiana nel 2023 è stata la migliore in Europa. Ma, soprattutto, abbiamo toccato il tasso di occupazione più alto di sempre, aumentano i contratti stabili, aumenta l’occupazione femminile. Diminuisce il rischio di povertà e dopo tre anni i salari sono tornati a crescere più dell’inflazione”. Floris non ci sta e allora tenta di confutare le tesi di Giorgia Meloni, dando i numeri, sia letteralmente che metaforicamente. Proponiamo una sorta di fact-checking al fact-checking di Floris, con tanto di richiamo alle fonti.

Ebbene, sarebbero questi i professionisti dell’informazione?

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