Il Gay Pride in Italia non è liberale, ma giacobino

Una certa propaganda, politica, culturale e mediatica, pretende di dividere il mondo con l’accetta e separare i partiti conservatori, le destre, la Chiesa e il Papa, giudicati irrimediabilmente reazionari e nemici della libertà individuale, dalle varie sinistre, più o meno rosse, che sono invece, secondo la distinzione manichea dei radical-chic, inclusive, aperte a tutte le minoranze e finanche liberali. Peccato che poi la realtà e i fatti vadano a cozzare del tutto con tale semplificazione. I partiti conservatori europei e occidentali, fra i quali spicca Fratelli d’Italia, anche se non è necessario fornire particolari giustificazioni alle interpretazioni mosse da malafede, non odiano le cosiddette diversità e non si infilano nel letto delle persone per vedere come e con chi fanno l’amore.

La maggioranza delle Nazioni occidentali ha una legislazione che contempla anche le coppie di fatto, ovvero, le convivenze, anche di persone dello stesso sesso, che non hanno contratto un regolare matrimonio, e i conservatori, quando giungono a governare come nel caso italiano, rispettano tali norme. C’è piena coscienza delle differenze in tema di sessualità e non c’è tolleranza verso le violenze e le discriminazioni, ma la destra non può avallare le degenerazioni, le quali, nel nome di un malinteso concetto di progresso, che in realtà è oscurantismo, portano ad equiparare le unioni omosessuali alla famiglia tradizionale, capace di procreare perché formata da un uomo e da una donna. Conducono inoltre a ritenere normale che due uomini possano crescere un bambino, a vedere l’utero della donna come un taxi e i nascituri come merce da pagare, e magari da ordinare online, a relativizzare, infine, le figure di maschi e femmine.

Le sinistre, orfane del comunismo e della lotta di classe, insieme ad un determinato lobbismo internazionale, pretendono invece di imporre le succitate alterazioni legate alla lotta per la libertà sessuale e i diritti. Non cercano di persuadere, ma agiscono, quando possono, a colpi di legge e di diktat illiberali per obbligare tutti, anche il Papa perché no, ad abbassare la testa di fronte ai loro piani. Chi è testardo e non si sottomette viene descritto come un fondamentalista religioso e, come minimo, viene mandato a quel paese durante manifestazioni pubbliche.

In Italia, al tempo  della Prima Repubblica, esistevano dei riconoscibili partiti liberali e laici, i quali, facendo leva anche sulle loro origini risorgimentali, conducevano una polemica per i diritti civili e contro le ingerenze, a loro modo di vedere, della Chiesa in politica, ma queste realtà erano animate da galantuomini che utilizzavano soprattutto la ragione. Oggi, abbiamo a che fare con delle sinistre che, dietro allo specchietto per le allodole della conquista di nuove libertà, nascondono soltanto uno spirito giacobino e non sanno nemmeno dove sia ubicato il liberalismo. Il giacobinismo ha contrassegnato gli ultimi Gay Pride di qualche giorno fa, tenutisi a Roma e in altre città italiane, ed ormai monopolizzati dal PD e da tutto ciò che si trova alla sua sinistra. Due sono stati, in particolare, i momenti più vergognosi.

Con il pretesto di manifestare per la galassia LGBT, (la sigla è in realtà più lunga perché ogni tanto vengono aggiunte delle lettere, ma, a forza di estenderlo, tale acronimo rischia di diventare incomprensibile ed impronunciabile), si è scelto di srotolare le bandiere della Palestina al fine di indirizzare l’evento contro Israele e il preteso genocidio che lo Stato ebraico starebbe commettendo a Gaza. Fra parentesi, è bene sottolineare come i gay, anche sotto forma di coppie conviventi, vivano molto meglio a Tel Aviv che in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza, ma quando la sinistra, estrema e non, si appropria di una manifestazione, non è possibile pretendere lucidità e coerenza.

In ogni caso, gli ebrei italiani ed omosessuali, dell’associazione Keshet Italia, non se la sono sentita di partecipare ad alcun Gay Pride organizzato in Italia perché hanno percepito, come dare loro torto, un clima ostile e per la loro sicurezza hanno preferito rinunciare. Questi ragazzi e ragazze hanno temuto per la loro incolumità a causa soltanto della fede religiosa che professano e ciò è passato quasi in silenzio, all’insegna del menefreghismo da parte dei giornaloni e delle sinistre. Gli “inclusivi” per eccellenza obbligano una minoranza a rinchiudersi in casa. Poi, nel Pride romano, qualche appartenente ai “tolleranti” ha inviato via microfono un bel Vaffa alla premier Giorgia Meloni, e la segretaria del Partito Democratico Elly Schlein, che oggi vuole manifestare contro, (sic!), lo squadrismo, ha continuato a ballare sui carri allegorici, fregandosene della violenza verbale dei suoi compagni del momento. 

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Roberto Penna
Roberto Penna
Roberto Penna nasce a Bra, Cn, il 13 gennaio 1975. Vive e lavora tuttora in Piemonte. Per passione ama analizzare i fatti di politica nazionale e internazionale da un punto di vista conservatore.

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