Intervistato da un quotidiano locale, un agente dei servizi sud coreani, riguardo a certi comportamenti tipici degli ambienti diplomatici, ha detto: “E’ cosa nota che a certi livelli i funzionari statali, per comprensibili motivi di riservatezza, in genere affermano che un problema “non può essere confermato” quando vengono fatte domande che possano mettere in discussione la sicurezza nazionale o magari, più semplicemente, possano mettere in imbarazzo il proprio Paese.”
Sarà forse per questo che della scomparsa del più alto rappresentante in Italia del governo di Pyongyang, dopo le prime notizie, si parla pochissimo. Quasi per niente. Gli ultimi articoli usciti su importanti quotidiani italiani, risalgono almeno a due giorni or sono, e da allora tutto sembra essere diventato un problema di secondo piano, quando addirittura proprio non un problema. E invece non è per niente così. Anzi.
In un trafiletto, il JoongAng Ilbo, il maggior quotidiano sud-coreano, ha riferito venerdì scorso che al dipartimento affari internazionali del Partito dei Lavoratori del Nord Corea, la tensione è a mille, e al ministro degli Esteri è stato ordinato di mettere in campo tutte le risorse possibili in Italia per cercare Jo Sing-gil, il più alto rappresentante diplomatico della Corea del Nord nel nostro Paese, una sorta di Ambasciatore supplente, misteriosamente scomparso da Roma con la moglie verso l’inizio del novembre scorso, quando il suo incarico diplomatico in Italia era praticamente scaduto, e si attendeva il ritorno della coppia in Patria.
Addirittura, dopo ripetuti colloqui con il nostro di ambasciatore che però non hanno dato frutti, Pyongyang si sarebbe immediatamente attivata per rintracciare Jo subito dopo aver compreso che dietro l’assenza del diplomatico poteva esserci una defezione ben organizzata dallo stesso diplomatico. Sempre il quotidiano JoongAng Ilbo, riporta che erano solo quattro i diplomatici nord coreani presenti nell’ambasciata romana e che perciò c’era pochissimo movimento nella stessa, a parte in questi ultimi due mesi, quando molti volti sconosciuti sono stati visti entrare ed uscire dalla sede. Pare addirittura che a Pyongyang avessero avuto sentore di una possibile diserzione da parte di Jo e che una squadra di agenti fosse arrivata in Italia proprio per impedirla ma che, malgrado ciò, il diplomatico e sua moglie siano riusciti a far perdere le proprie tracce, magari potendo contare su aiuti importanti.
Non è la prima volta che un alto esponente della diplomazia della Corea del Nord diserta. Nel 2016 fu la volta di Thae Yong-ho, ex vice ambasciatore nel Regno Unito, che riparò e chiese asilo politico direttamente alla Corea del Sud. Quando accadde, il governo di PyoingYang attuò una sorta di terremoto nel settore diplomatico, richiamando in patria vari ambasciatori, tra cui quello in Cina, tanto che il consolato nord coreano a Shenyang è rimasto praticamente inattivo, così come la missione diplomatica in Uzbekistan, l’ultima rimasta in Asia centrale, che venne poi chiusa. Non si capisce bene con quale criterio si mosse allora il governo di Kim Jong-un, ma da molto tempo ormai si è smesso di fare considerazioni sulle idee che muovono il giovane dittatore. E ieri, a sorpresa, è stato proprio Thae Yong-ho a far sentire la sua voce con un’accorata lettera aperta a Jo Sing-gil. Nel messaggio, Thae chiede a Jo di andare in Corea del Sud, dove si trova anche lui, e scrive: “non è un’opzione, ma un obbligo venire in Corea”, e lo sollecita a non chiedere asilo politico agli Stati Uniti, ma proprio alla Corea del Sud, per poi lavorare da lì per la riunificazione delle due Coree, divenuta improvvisamente non più impossibile dopo alcune grosse aperture di Kim Jong-un. Thae si è anche detto convinto che Jo leggerà il suo messaggio perché già in passato era solito collegarsi al suo blog.
Intanto, dopo l’iniziale convinzione del governo della Corea del Nord, che ci fosse l’Italia dietro la defezione del suo uomo, queste ultime novità, tipo le esternazioni di Thae Young-ho, hanno fatto rivedere la posizione del nostro Paese riguardo alla defezione del diplomatico. Probabilmente il lungo soggiorno in Italia può aver “ammaliato” Jo, facendogli valutare una qualità di vita diversa, ma è molto difficile che ci sia la nostra Nazione dietro la fuga del diplomatico. Più probabile che l’aiuto a Jo sia stato offerto da un paese occidentale terzo, magari la Gran Bretagna, o forse addirittura dagli States.
Vedremo prossimamente se ci saranno sviluppi e, soprattutto, se verranno resi noti.