Nello scontro tra le forze di Polizia e gli studenti pro-Pal che si consumò a Pisa lo scorso febbraio, non c’erano soltanto minorenni. Le indagini hanno portato i magistrati a firmare avvisi di garanzia per tredici dei manifestanti che assaltarono i poliziotti con calci, sputi e insulti: il più giovane ha 18 anni e 9 mesi, l’età media è di 22 anni. A dimostrazione del fatto che in quella massa di studenti che tentavano di accedere al cimitero ebraico chissà con quali intenzioni (era già tornato il caos in Palestina dopo l’attacco di Hamas del 7 ottobre precedente), non c’erano soltanto studenti e minorenni come voleva far credere la sinistra, ma anche e soprattutto antagonisti e facinorosi abituati ad azzuffarsi con la Polizia, come tanti specializzati nell’intromettersi in sedi universitarie e scolastiche per fare lotte studentesche (e a botte con i poliziotti).
I fatti si sono consumati il 23 febbraio di inizio anno e già mesi fa era stata annunciata l’apertura di un’indagine sull’accaduto. E in realtà già i primi risultati avevano chiarito che quello scontro non fu semplicemente (se c’è stato) un abuso di potere da parte della Polizia: “L’attività investigativa avviata nell’immediatezza – annunciò alla Camera il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi durante la sua informativa – ha consentito di denunciare quattro persone per il reato di resistenza aggravata a pubblico ufficiale e per violazione dell’articolo 18 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza. Si tratta di maggiorenni tutti con precedenti per reati attinenti all’ordine pubblico”.
Ma la manifestazione non era pacifica
La sinistra, in ogni modo, si divertì non solo a non condannare i fatti, ma a prendersela con i poliziotti nello svolgimento del proprio lavoro. Per Laura Boldrini, ad esempio, si trattava di “ragazze e ragazzi delle superiori, spesso minorenni, disarmati e con le mani alzate, presi a manganellate e immobilizzati a terra mentre facevano una manifestazione pacifica contro la guerra”. Ma la manifestazione non era pacifica, e lo si era capito fin da subito: del corteo organizzato dall’estrema sinistra, dai membri di “Cambiare Rotta”, non erano state avvertite le autorità e gli organizzatori non avevano neppure risposto alle richieste della questura di fornire maggiori informazioni. In più, sempre secondo l’informativa di Piantedosi a pochi giorni di distanza dall’accaduto, i manifestanti iniziarono a pressare gli agenti della Polizia “con spinte, calci, insulti, sputi e tentativi di sottrarre gli scudi”, cercando di comprimerli contro l’automezzo posto alle loro spalle. Agenti giunti in loco proprio perché i giovani si stavano dirigendo verso Piazza dei Cavalieri, considerata off limits. Lì sarebbe partita la risposta degli agenti, alcuni dei quali sono stati comunque al centro delle indagini: in dieci, infatti, sono stati accusati di eccesso colposo di legittima difesa e di lesioni lievi colpose.
Ora i ragazzi tanto coccolati dalla sinistra, tutt’altro che semplici studenti, sono accusati di violenza o minaccia nei confronti di pubblico ufficiale. Rischiano la reclusione da sei mesi a cinque anni e ora dovranno essere interrogati. E se quello di Pisa sembrava, all’epoca, soltanto l’ultimo atto di una serie di proteste sempre più violente, in realtà ha dato il la a una escalation di violenze che ha attraversato tutta Italia con manifestazioni sempre più aspre nei toni, nei contenuti e nelle azioni: manichini bruciati, foto insanguinate, slogan e accuse pesantissime verso le autorità e le Istituzioni italiane. Le dimostrazioni di vicinanza verso le sedicenti vittime da parte della sinistra si sono ridotte via via che le proteste si facevano più violente, ma non sono state sostituite da nette prese di distanza, ma da minimizzazioni e giustificazioni che assomigliavano dei taciti assensi. Non c’è da meravigliarsi se poi l’atmosfera si scalda e l’odio è sempre più forte.