Integrazione, Italia apripista in Europa. Kelany: “Riconoscere la nostra identità”

Si è conclusa la prima giornata di dibattiti della Conferenza programmatica di Fratelli d’Italia. Una conferenza che ha raccolto già parecchie adesioni, riempiendo le tre sale nelle quali si è svolta la convention. La visione di un’Europa diversa, nuova, con l’Italia protagonista, è stata al centro dei dibattiti del pomeriggio e dell’intero evento: il titolo scelto, non a caso, è “L’Italia cambia l’Europa”.

Cultura conservatrice

Il pomeriggio, dopo l’evento di inaugurazione, ha visto partire i lavori dal panel “Le radici d’Europa”, un immersione nel significato del Vecchio Continente, nell’appartenenza alla comunità europea e nei valori su cui si basano le culture europee. Una questione di radici: l’Europa deve riuscire, come detto, a fare un cambio di passo rispetto al suo recente passato, riconoscendo che burocrazia e mero business hanno svilito la sua identità. La crescita economica, dunque, non può portare alla perdita dei valori sotto i colpi di una globalizzazione che va sempre più veloce, sempre meno a misura d’uomo. Per farlo, l’Europa dovrà ripartire dalle proprie radici, dalla conservazione di quell’identità che è la chiave di volta per tutte le questioni che sorgeranno: “Il vero conservatore ha la capacità di muoversi in un contesto liquido ma di portarsi dietro, sulla nave, le proprie radici” ha spiegato Federico Mollicone, presidente della commissione Cultura alla Camera”. All’evento ha preso parte anche il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano, che ha spiegato come sarà fondamentale “salvaguardare la nostra storia, il nostro essere umani. Da cives – ha aggiunto – rischiamo di divenire codici a barre, meri consumatori, utenti di un consumo progressivo”. Sarà parimenti fondamentale, però, costituire un esercito europeo: in un contesto globale ampiamente compromesso, l’Unione europea e l’Occidente in generale non possono più permettersi di inseguire quella concezione ultra-pacifista che ha portato allo smantellamento degli eserciti nazionali. È emerso questo dal panel seguente, “Forte, libera, sovrana”, durante il quale il ministro della Difesa Guido Crosetto ha sottolineato che “abbiamo bisogno di velocità e del modello Nato, ovvero creare un unico centro di comando e mettendo insieme 27 nazioni diverse”, nella consapevolezza che “ora ci troviamo a vivere in un mondo differente da quello di due anni fa, non torneremo più a quell’equilibrio fatto di regole di convivenza internazionali saltate”.

Italia apripista grazie all’accordo con l’Albania

Ma Giorgia Meloni l’Europa l’ha già cambiata. L’ha affermato Alberto Balboni, presidente della commissione Affari costituzionali al Senato. Il cambio radicale c’è stato in campo migratorio. Facendo collaborare l’intera Unione con una nuova ottica, non più di gestione dei flussi, ma di risoluzione a monte del problema. “Stiamo facendo tutto quello che non ha fatto la sinistra” ha detto Wanda Ferro, sottosegretario al Ministero dell’Interno, e “non solo attraverso degli slogan”. Centro del dibattito “Difendere i confini d’Europa” il nuovo accordo con l’Albania, un’altra dimostrazione che l’obiettivo del Governo Meloni, sulla questione migratoria, è quello di allargare la cooperazione con tutti gli attori in campo. Un accordo storico, che fa scuola: non solo perché dà la possibilità all’Albania di avvicinarsi all’Unione europea, ma perché è guardata con interesse da molti degli Stati membri. Un accordo che, però, ha ricevuto parecchie critiche soprattutto dalla sinistra. In merito, ad esempio, al suo costo, considerato elevato: circa 600 milioni di euro in cinque anni. Costo però esiguo, se rapportato ai 7,5 miliardi che l’immigrazione costa all’Italia ogni anno. E considerando soprattutto che, se i migranti arrivano in Italia, “hanno un costo sociale in più”.

I Cpr contro le teorie no-border

Le polemiche, tuttavia, sono state create soprattutto sul ruolo dei Centri per l’accoglienza che verranno creati in Albania. Polemiche che si creano perché – come ha detto Sara Kelany, deputato di Fratelli d’Italia e responsabile del dipartimento Immigrazione – “probabilmente non si è compreso a che cosa servano questi Cpr”. I Cpr, ha spiegato bene Kelany, “servono a trattenere in prevalenza i migranti pericolosi socialmente”: non c’è dunque nessun rischio per la salute dei migranti deboli e delle famiglie, ma verrà salvaguardata, come il buonsenso richiede, la sicurezza della nostra Nazione. Kelany ha poi smontato la narrazione della sinistra sui Cpr: “Noi – ha spiegato dal palco della sala Budapest 1956 – veniamo da dieci anni di destrutturazione delle politiche migratorie da parte della sinistra. Segnalo anche questo: i Cpr sono nati con governi di centrosinistra, sono nati perché l’Europa chiede che vengano trattenuti i migranti irregolari”. E dunque, la sinistra no-border e immigrazionista, non potendo smantellarli, ne ha favorito la destrutturazione. “L’Europa non accettava le ridistribuzioni e ci chiedeva l’espulsione dei migranti irregolari” ha aggiunto, ma “per 10 anni abbiamo vissuto una destrutturazione di questo sistema, ci siamo trovati nella condizione di dover gestire una situazione molto gravosa anche sotto il profilo economico”. La costruzione dei Cpr in Albania, dunque, è in linea con la visione di Fratelli d’Italia e con le richieste dell’Europa. Con buona pace della sinistra, dalla quale, ha sostenuto Kelany, “noi non accettiamo la morale”. Altri temi trattati dall’onorevole sono quello dei rimpatri, su cui il governo lavora (“Sono in vigore circa 14 accordi – ha detto Kelany – ma quando si fanno gli accordi, si fanno quando c’è un premier che ha lo standing per interloquire con gli Stati esteri. E fino a ieri questo non c’era”) e quello dei minori non accompagnati: “Noi – ha chiarito – vogliamo che chi effettivamente minore, abbia tutte le tutele e le cautele”, parlando poi dell’introduzione del rilievo antropometrico da parte delle autorità, “una lastra del polso per verificare se quel soggetto effettivamente è un minore non accompagnato”.

Ong e integrazione

Un pericolo per i Paesi di prima accoglienza come l’Italia, secondo Kelany, è poi costituito dalle Ong, che non si limitano al fronte umanitario, ma fanno politica vera e propria: “Se lei va a guardare sui siti delle organizzazioni non governative – ha detto rivolgendosi a Mario Giordano, che moderava il panel – non c’è mica scritto che loro hanno solo e meramente finalità umanitarie? C’è scritto a chiare lettere, che vogliono influenzare le politiche migratorie degli Stati europei. E noi questo non lo possiamo consentire”. Infine, la tematica integrazione: “Noi non siamo nella situazione francese” ha chiarito, spiegando come fondamentale sarà, per la nostra Nazione e per una corretta integrazione dei migranti, far peso sulla nostra italianità. “Siamo un popolo che ancora riconosce la propria identità. Noi su questo dobbiamo batterci, perché l’integrazione c’è intanto in quanto uno riconosce la propria identità. Altrimenti – ha concluso tra gli applausi della sala – c’è cannibalizzazione da parte del prossimo”.

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