Alcuni sono in un grande campo profughi in Siria, un posto dove si ammassano 39,000 persone, tra cui 1500 donne e un numero imprecisato di bambini. Altri, sono stati catturati dall’Sdf (Syrian Democratic Forces). Quasi nessuno di loro ammette di essere stato un combattente dell’Isis per lungo tempo, o senza coercizione. Per lo più si dichiarano vittime, oppure confessano di aver abbracciato inizialmente “la causa” salvo poi rendersi conto del grave errore, quando ormai però erano prigionieri delle circostanze.
Molti di loro chiedono di poter tornare a casa senza pagare nessuna conseguenza. Soprattutto le donne, spesso con i loro bambini. E’ il caso dell’americana Hoda Muthana, unica della sua cittadinanza nel grande campo profughi siriano che afferma di “deplorare profondamente” il suo viaggio in Siria per unirsi al gruppo terroristico, e domanda umilmente di potersene tornare alla sua casetta in Alabama. Ma anche noi italiani abbiamo i nostri “returnees”, come vengono chiamati in gergo. 13 già sono rientrati, e adesso dovrebbero essere almeno altri due o tre quelli in arrivo, precisamente Samir Bougana, 24enne bresciano, e due donne, di cui una è Meriem Rehaily, padovana 23enne che nel Califfato ha avuto due figli.
Parliamoci chiaro, riprendere in casa questa gente non fa piacere a nessuno. Abbiamo con loro tre possibilità: metterli in galera e buttare la chiave, oppure credere al fatto che sia improbabilmente rinsaviti, e lasciarli liberi di fare quel che gli pare sul territorio nazionale, o magari tenerli sotto un discreto controllo. Ognuna di queste soluzioni, ha controindicazioni di non poco conto. Metterli in galera, ad esempio, potrebbe servire a creare altri centri di reclutamento, un po’ come è accaduto nel passato, quando la maggior parte dei giovani europei che hanno aderito all’Isis si è radicalizzata proprio in prigione dove spesso era per reati comuni. In più, nelle nostre carceri ne abbiamo già un bel po’ di questi soggetti a rischio, più precisamente 242 detenuti secondo il Dap, divisi nelle quattro carceri, più precisamente quello di Bancali (Sassari), Nuoro, Rossano Calabro (Cosenza) e Asti. C’è poi l’opzione che vede i returnees liberi e senza controllo con tutti i rischi sulla sicurezza che comporterebbe. Infine, liberarle questa gente ma controllarla comporta è un’opzione costosa e anche abbastanza sterile. Tanti soldi che non sembra proprio giusto accollare alla collettività. Del resto, da noi in Italia i programmi di deradicalizzazione e di prevenzione sono ancora a un livello embrionale, in quanto non sono stati sta sono ancora a un livello embrionale, in quanto non sono stati mai davvero finanziati.
D’altro canto, c’è poco da dire. L’America di Trump spinge affinché ognuno si riprenda i suoi ribelli. Le sue parole sono state: “Gli Stati Uniti chiedono a Gran Bretagna, Francia, Germania e altri alleati europei di riprendere oltre 800 combattenti dell’Isis catturati in Siria e processarli”, ha puntualizzato il presidente degli Stati Uniti. “Il califfato è pronto a cadere. L’alternativa non è buona in quanto saremo costretti a rilasciarli … “