Ieri, in un articolo, vi abbiamo illustrato grossomodo i passaggi salienti della manovra fiscale del governo giallo-verde, ed ora un po’ ce ne pentiamo. Perché? Beh, perché alla luce degli ultimi fatti non sappiamo se quello che abbiamo letto e riportato sia la realtà, o frutto di un’allucinazione o, peggio ancora, il magheggio di una non meglio identificata manina infame.
Ma in realtà, cosa è accaduto nelle ultime ore? A saperlo avremmo fatto lo scoop dell’anno, però vi possiamo riportare quel che si dice mescolato a quel po’ che si è capito. Di questi tempi, conviene accontentarsi. E così ecco che tutto comincia ieri sera all’inizio della puntata giornaliera di Porta a Porta. Gigino Di Maio non è seduto sulla poltrona dell’ospite ma è in piedi, sotto al grande schermo, accanto a Bruno Vespa che appare frenetico. L’espressione del vicepremier, invece, è cupa, tra il sussiegoso e il disgustato, mentre Vespa lancia la puntata: “Sta arrivando una clamorosa denuncia alla Procura della repubblica perché il testo della manovra fiscale così come inviato al Quirinale sarebbe stato manipolato riguardo alla pace fiscale”. Attimo di suspense, poi Vespa si rivolge a Luigi DiMaio e domanda: “Manipolato, come?”
Di Maio, inviperito, esordisce spiegando che lui non ha mai detto a nessuno che avrebbe aiutato i capitali mafiosi o dei corrotti all’estero a rientrare scudati, addirittura riconoscendo loro l’impunibilità come invece sembra appaia nel testo della manovra che, sempre secondo Di Maio, sarebbe stato già inviato al Quirinale. E’ proprio infuriato il Gigino nazionale quando prosegue: “All’articolo 9 del decreto fiscale c’è una parte che non avevamo concordato nel Consiglio dei ministri”. Poi, davanti al volto attonito di Bruno Vespa – che non si capisce se sia paralizzato dalla gravità della notizia o intento a considerare il picco di audience che le parole del vicepremier gli regaleranno – Di Maio continua: “Non so se è stata una manina politica o una manina tecnica, in ogni caso domattina si deposita subito una denuncia alla Procura della Repubblica perché non è possibile che vada al Quirinale un testo manipolato.” E ancora non pago: “Il decreto fiscale così scritto noi non lo voteremo mai. Quindi ad oggi non c’è nessun decreto fiscale”.
In parole spicce, e per la prima volta nella storia italica – ma tutti sanno che non ci facciamo mai mancare niente – abbiamo un governo che vorrebbe denunciare se stesso. Se non che, a complicare la questione già di per sé incomprensibile, durante la trasmissione dal Quirinale arriva la comunicazione che il decreto fiscale in realtà a loro non sarebbe mai arrivato. Un sospiro di sollievo? Ebbene, non proprio. Risponde Di Maio: “Ai miei uffici è stato riferito che è stato mandato al Quirinale, se non è così torno a Palazzo Chigi, accertiamo tutto e vorrà dire che non ci sarà neanche bisogno di riunire il CdM perché evidentemente basta stralciare quella parte di testo”.
Ma naturalmente, al di là di come si voglia risolvere l’eventuale questione nel merito, c’è una frattura aperta all’interno del governo giallo-verde perché nel momento in cui Di Maio ha accusato “la manina politica” non si è potuto non pensare agli alleati leghisti. E dalla Lega, come si conviene a stretto giro, ecco arrivare una replica che fa ben comprendere l’irritazione del Carroccio. Dicono: “Siamo gente seria non avvezza a trucchetti meno che meno nei decreti importanti come questo. Ultimamente, ci siamo impegnati giorno e notte per ridurre l’imposizione fiscale, per scalzare definitivamente la Legge Fornero, e per chiudere le liti tra i cittadini ed Equitalia.” E anche Di Maio, allo stesso tempo, cerca di moderare i toni e afferma: “Tengo a escludere responsabilità politiche, perché mi fido delle persone con cui siamo al governo, anche se in questo governo stanno avvenendo tante cose strane, tanti giochini: ciò che metteremo in campo dopo la denuncia alla Procura ci farà capire delle cose”. Poi Bruno Vespa fa la domanda delle cento pistole: “Sospetta di Giorgetti?” , e Di Maio: “Non mi permetterei mai.”
Sta di fatto che dalla Russia, dove si trova in missione, la contrarietà di Salvini è evidente tanto che, pare, il ministro degli Interni non risponda nemmeno a una telefonata che gli arriva proprio da Di Maio.
Chi gongola davanti a questi teatrini per la verità parecchio imbarazzanti, è l’opposizione, con in testa Matteo Renzi e quel che resta del PD. Dice il ragazzo di Pontassieve: “Luigi Di Maio è un uomo disperato. Si è accorto in ritardo di aver dato il via libera a un condono. Prima ha votato il testo del decreto legge, poi ha detto che glielo hanno cambiato e si è rimangiato tutto”. Ma non basta, dopo un altro po’ di parole dure nei confronti del vicepremier pentastellato, un giornalista pone una domanda cattivissima: “Secondo lei, Luigi Di Maio sa almeno leggere? Riesce a capire il senso delle cose che firma o che vota?” e Renzi: “Temo di no”.
E’ poi la volta di Mariastella Gelmini, che fa sentire la sua voce via Twitter, dove scrive: “Prima la “manina” del @MEF_GOV contro il #decretodignità, poi il decreto #Genova con i puntini al posto delle cifre, oggi addirittura il testo della #manovra ‘manipolato’ prima di arrivare @Quirinale. @luigidimaio e @Mov5Stelle sono vittime di un perenne complotto #ridicoli”
Più cauta Giorgia Meloni, di Fratelli d’Italia, che da noi sentita si è riservata il giudizio sui fatti quando saranno chiariti meglio. Certo, anche da parte sua c’è almeno tanto perplessità.