La vergogna del caso Vannini

A volte ti viene spontaneo chiederti se davvero la giustizia esista e, comunque, se esista in Italia. E quando la prima risposta che ti viene in mente è un sonoro NO! con tanto di esclamativo, arriva la paura. Paura perché  certe brutte storie potrebbero accadere a chiunque, anche a te, e allora sarebbe sì  davvero dura, non una semplice impressione rispetto a gente che non conosciamo, per cui magari proviamo pena e dispiacere, ma niente di sconvolgente, come invece accade a loro, che contro la giustizia ingiusta si sono appena scontrati.  La sentenze si rispettano ma per fortuna fino a che sarà possibile, si discutono anche. E per fare una bella discussione sulla capacità di alcuni nostri giudici, il caso Vannini è perfetto.

Marco Vannini muore a vent’anni nelle prime ore del mattino di lunedì 18 maggio 2015 dopo alcune ore di grandi sofferenze senza che chi poteva chiamasse i soccorsi.

Per la verità, la storia di questo bel ragazzone biondo, per bene, di famiglia, fino a quel momento tranquilla e senza scossoni, fa acqua da tutte le parti. Marco all’epoca è fidanzato con una bella ragazza, Martina, sua coetanea, e molto ben visto dalla famiglia di lei, così come lei è stata accolta benissimo nel nucleo familiare di lui. Niente Giulietta e Romeo, dunque, ma una storia anche lì apparentemente serena e senza scossoni che va avanti da anni. Marco spesso passa la notte a casa di Martina, così come Martina viene ospitata a casa di Marco senza problemi.  E così quella domenica 18 maggio, dopo una giornata di mare – Marco in attesa di sistemarsi stabilmente fa il bagnino – il ragazzo telefona a casa e dice che trascorrerà la notte a casa Ciontoli, cioè nella villetta dove abita Martina con la sua famiglia, padre, agente dei servizi, madre e fratello, quest’ultimo anche lui in compagnia della fidanzata.  Tutto okay, nessun problema.

Invece, accade l’impensabile. I Ciontoli racconteranno – e lo specifichiamo perché è una storia surreale – che dopo cena Marco va a fare una doccia. Antonio Ciontoli, padre di Martina, si rende conto solo dopo che il ragazzo è in bagno, che in un armadietto proprio lì ha  lasciato nascoste due pistole che detiene regolarmente. Preoccupato – non si capisce bene perché – Ciontoli entra in bagno dove il suo futuro genero è nudo sotto la doccia, e prende le due pistole. A questo punto, sempre secondo quanto raccontato da questo signore, Marco vede le pistole e nudo e insaponato, chiede al futuro suocero di mostrargliele. E Ciontoli che fa?

Ci fermiamo e perdonateci questa digressione, ma ve la immaginate la scena? Il ragazzo che a detta di tutti è anche molto schivo e riservato, si vede entrare in bagno il padre della fidanzata senza un motivo chiaro, poi nudo come un verme, magari con lo shampoo in testa, pretende di vedere quelle due pistole che il Ciontoli nascondeva in bagno e che proprio in quel momento ha sentito l’impellente bisogno di togliere da lì. Vi pare anche vagamente possibile? Purtroppo, però, a parte le chiacchiere della famiglia Ciontoli, le loro strampalate versioni, altro non abbiamo, se non il nostro cervello.

Ma andiamo avanti. Ciontoli, ci eravamo domandati, che fa davanti alla richiesta del giovanotto nudo? Beh, ovvio, si ferma, acconsente a quel dialogo surreale e mostra una delle due pistole. Ma questa gli sfugge di mano e parte un colpo, che colpisce Marco sotto l’ascella.  Questo dice Ciontoli, ma è una bugia, per altro provata in aula, perché quella pistola ha un difetto, e senza entrare nel tecnico quel colpo non avrebbe potuto partire così come racconta l’uomo, che allora modifica la sua versione e dice che sì, ha armato il cane e “per giocare” ha finto di sparare al futuro genero senza rendersi conto – lui, militare d’esperienza oltre che ventennale – del colpo in canna.

Bang! Il colpo ferisce Marco, e che accade poi? Vai a capirlo. I Ciontoli raccontano di tutto e di più, cadono in contraddizioni, vengono registrati a loro insaputa mentre si mettono d’accordo sulle versioni da dare  e via di questo passo. Di certo sappiamo solo che c’è una prima chiamata al 118 per chiedere aiuto. La fa Federico, il figlio di Antonio, ma non parla di colpo di pistola, solo “di un ragazzo con una crisi di panico”. Poi, però, quando l’operatrice sta per inviare l’ambulanza, Federico dice che non c’è più bisogno e chiude la telefonata.  Solo dopo più di un’ora vengono di nuovo chiamati i soccorsi. Stavolta è il Ciontoli a parlare al telefono, e si inventa di un ragazzo che è scivolato nella vasca, è caduto e si è bucato con un pettine a coda. Un buchino, ma si è spaventato tanto… Sullo sfondo della telefonata si sentono però le grida disperate di Marco, che chiede aiuto, si lamenta per il dolore, chiede scusa a Martina non si sa bene per cosa e chiede disperatamente di sua madre. Tanta è la sperequazione tra il racconto di Antonio Ciontoli e le grida di Marco, che l’operatrice chiede se per caso il ragazzo non abbia problemi mentali… Ma no, figuriamoci, è solo spaventato… Sarà…

Alla fine, arriva un’ambulanza in codice verde, senza medico a bordo perché nessuno ha parlato di colpo di pistola e quindi il protocollo adottato è quello per problematiche non gravi. Certo, già a vederlo Marco sta malissimo, ma che possono fare l’infermiere e il barelliere? Caricano Marco e si dirigono di corsa al punto di primo soccorso del paese dove, finalmente, la verità viene a galla, ma solo perché Antonio Ciontoli ha la faccia di chiedere al medico di turno se può evitare di raccontare i fatti, e del colpo di pistola esploso sul referto che dovrà stilare, perché lui, dice, è molto preoccupato di perdere il posto di lavoro.

Marco viene caricato di corsa su un elicottero, che decolla alla volta di Roma. Ma poco dopo torna a terra, perché il ragazzo ha avuto un arresto cardiaco, e per lui non c’è più nulla da fare. Marco è morto. Marco è morto dopo ore di dolorosa agonia, senza nemmeno il conforto di poter avere vicini i genitori, avvertiti dai Ciontoli solo all’ultimo momento, e con le solite bugie, e arrivati al posto di primo soccorso quando il ragazzo è già in coma e lo stanno caricando in elicottero.

Nel primo grado di giudizio, Antonio Ciontoli viene condannato a 14 anni, figli e moglie a 4 anni e viene assolta la fidanzata di Federico, non si capisce perché, visto che anche lei era lì e non ha fatto nulla per aiutare Marco, esattamente come gli altri. Ma è in appello che arriva lo scandalo. La pena del Ciontoli viene ridotta a 4 anni come quella di sua moglie e i suoi figli. Probabilmente, non faranno un giorno di galera per aver fatto morire un bravo ragazzo di vent’anni tra atroci sofferenze. Quando Marco, hanno stabilito poi le perizie, si sarebbe potuto salvare se solo gli fossero state prestate le cure adeguate.

E li chiamano giudici… e la chiamano giustizia.

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RK Montanari
RK Montanarihttps://www.lavocedelpatriota.it
Viaggiatrice instancabile, appassionata di fantasy, innamorata della sua Italia.

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