Le inchieste su Trump e l’incubo Kennedy per Biden: le elezioni USA senza i filtri del mainstream

Come spesso accade, con la politica americana i media cosiddetti mainstream reinterpretano i fatti in chiave ideologica spacciandoli per verità assoluta. Tecnica che viene utilizzata anche per le questioni interne ma che, rispetto ai fatti provenienti dagli Stati Uniti, risulta più efficace per la scarsa abitudine degli utenti italiani ad approfondire le notizie su fonti straniere, ergo, quella propinata dai mezzi d’informazione nostrani viene percepita come la versione ufficiale.

Anche limitandoci agli ultimi 10 anni, potremmo stilare un elenco smisurato di esempi, sia di vera e propria distorsione della realtà (vedi la magnificazione di Obama e la denigrazione di Trump), sia di omissione di notizie scomode (i Twitter Files ed il Durham Report, giusto per citare gli ultimi due).

A questo proposito, chi avesse il lusso di prendersi qualche ora di svago potrebbe divertirsi mettendo a confronto gli articoli di corrispondenti e analisti dei nostri “giornaloni” con quelli delle maggiori testate americane (anch’esse sfacciatamente pro-democratici): scommetto che almeno nella metà dei casi scoverebbe veri e propri copia/incolla, talvolta tradotti peggio che con Google Translate.

Motivo per cui, su La Voce del Patriota, dedicheremo uno spazio importante alla lunghissima campagna elettorale che ci condurrà alle elezioni presidenziali americane. Ciò che faremo nei prossimi mesi sarà offrirvi contenuti esclusivi e opinioni con una chiave di lettura di stampo chiaramente conservatore e per questo libero da quei paraocchi ideologici di cui la sinistra non intende disfarsi.

Ciò detto, veniamo ad una prima panoramica su quanto sta avvenendo alle primarie, da cui usciranno i candidati che il 5 novembre del 2024 si contenderanno la Casa Bianca.

Repubblicani: le vicende giudiziarie rafforzano Trump

Gli approfondimenti seguiti alla morte di Silvio Berlusconi ci hanno fatto ripercorrere il vero e proprio scontro frontale tra l’ex presidente del Consiglio ed una parte (politicizzata) della Magistratura. Credo che fossimo in molti, durante quegli anni, a domandarci se l’Italia avrebbe mai avuto un sistema democratico maturo come quello americano, mentre ora le parti sembrano essersi quasi invertite: l’Italia è guidata da un presidente, Giorgia Meloni, finalmente scelto dagli elettori, mentre gli Stati Uniti hanno il presidente più impopolare della loro storia e il suo principale rivale (nonché ex presidente) alle prese con una serie di attacchi giudiziari.

Come constatato in un articolo di qualche giorno fa, i punti di contatto tra Trump e Berlusconi sono essenzialmente due: è inviso all’establishment, che per questo lo combatte con ogni mezzo, e anche quando lo danno per finito torna più forte di prima. Tant’è che le recenti incriminazioni sono state messe dallo stesso Trump al centro della sua campagna elettorale, che ora punta moltissimo sulla «caccia alle streghe» messa in atto contro di lui come prova dell’esistenza del Deep State, lo stato profondo che durante il suo intervento alla convention dei Cpac ha affermato che provvederà a «cancellare» non appena rieletto presidente.

Le probabilità che alla Convention repubblicana di Milwaukee la nomination verrà consegnata al tycoon newyorkese sono oggi molto alte: tutti i sondaggi rilevano, infatti, distacchi abissali tra lui e il suo principale sfidante, Ron DeSantis, al punto che in molti si domandano perché il governatore della florida abbia deciso di candidarsi. Personalmente non mi sorprenderebbe se ad un certo punto DeSantis decidesse di ritirarsi per correre come candidato vice di Trump dopo aver fatto terra bruciata attorno agli altri candidati alternativi all’ex presidente.

Democratici: occhio a Kennedy

Gli elettori democratici sono attualmente in preda ad una sorta di psicodramma: scegliere tra un oggettivamente impresentabile Joe Biden e un outsider visto come il fumo negli occhi perché etichettato come novax, ovvero quel Robert Kennedy Jr. che da qualche settimana è ormai appaiato al presidente in carica.

Si tratta di una figura che approfondiremo nelle prossime settimane ma, per capirci, potremmo definirlo un antisistema di sinistra: ovvio che l’establishment democratico farà di tutto per sottrargli la nomination, esattamente come fece con Bernie Sanders nel 2016 a cui – come dimostrano i file emersi delle Podesta Emails – fu scippata a vantaggio di Hillary Clinton.

Memore di ciò, se ad un certo punto Kennedy dovesse rendersi conto di essere vittima di un disegno simile, potrebbe decidere di candidarsi da indipendente consegnando – di fatto – la vittoria al candidato repubblicano.

Quel che è certo è che ne vedremo delle belle, stay tuned!

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Alessandro Nardone
Alessandro Nardone
Consulente di marketing digitale, docente alla IATH Academy, è autore di 9 libri. È stato inviato di Vanity Fair alle elezioni USA dopo aver fatto il giro del mondo come Alex Anderson, il candidato fake alle presidenziali americane del 2016.

1 commento

  1. La simpatia di Nardone, o della Voce del patriota?, per Trump mi lascia molto perplesso.
    Vorrei in proposito citare una massima di un certo Lenin, noto sicuramente non per la rettitudine e la difesa di valori democratici – che dico? – e umani.
    Dunque spiegava Lenin che nemici dei miei amici sono miei nemici, e i nemici dei miei nemici sono miei amici.
    Bell’esempio di opportunismo.
    In questo modo Lenin giustificava il patto con Hitler.
    Siamo chiari: non basta essere avversario della sinistra per essere amico del centro destra.
    Fior di delinquenti per svariate ragioni possono essere contrari al sistema creato dalla sinistra, ma non per questo dobbiamo far comunella con loro.
    E’ il caso di Trump. Lasciamo perdere il paragone con Berlusconi.Berlusconi è un grande politico e un galantuomo.
    Trump è un personaggio banditesco, al di fuori da ogni valore di libertà e democrazia, preoccupato solo della difesa di suoi interessi economici e personali, che ha la capacità di fare appello agli strati meno politicamente preparati per difendere posizioni indifendibili.
    Anche il cardinal Ruffo alla fine del ‘700 fece appello ai lazzari poveri e ignoranti per distruggere fisicamente e politicamente la repubblica partenopea. Siamo per il cardinal Ruffo?
    Capisco che l’establishment cosiddetto progressista ha punti di somiglianza con l’arroganza del potere della nostra sinistra, ma se la via di uscita sono personaggi come Trump, povera America.
    E per dirla con Jannacci, e poveri anche noi.

    Con affetto

    Alessandro

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