“Le radici profonde non gelano”. Intervista a Oronzo Cilli, curatore della mostra su Tolkien

La Voce del Patriota intervista il Dottor Oronzo Cilli, curatore della Mostra su Tolkien presso la Galleria Nazionale di Roma, inaugurata dal Ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano il 15 novembre e che permarrà fino all’11 Febbraio 2024.

Oronzo Cilli ha curato la seconda edizione italiana de Lo Hobbit annotato (Bompiani, 2004) ed è l’autore di: J. R. R. Tolkien: la prima bibliografia italiana dal 1967 a oggi (L’Arco e la Corte, 2013), J.R.R. Tolkien l’esperantista. Prima dell’arrivo di Bilbo Baggins (Cafagna Editore) in edizione italiana (2015) e inglese (2017), Tolkien e l’Italia (Il Cerchio, 2016), con la prefazione di Christina Scull e Wayne Hammond, e Tolkien’s Library: An Annotated Checklist (Luna Press 2019, 2023) con saggi dei due massimi studiosi dell’opera di Tolkien Tom Shippey e Verlyn Flieger. Con Tolkien’s Library è stato il primo e unico italiano a vincere il ‘Best Book’ ai The Tolkien Society Awards 2020 e finalista nella cinquina dei Mythopoeic Awards 2021 statunitensi.

Tra le collaborazioni, quelle con le riviste Dimensione Cosmica e The Journal of Inklings Studies. Collezionista, tra i più importanti al mondo, è studioso e conferenziere, i suoi articoli sono stati tradotti in inglese, francese, portoghese, esperanto e giapponese. 

Secondo lei, quanto ha inciso – culturalmente – la figura dell’autore Fantasy e professore, J.R.R. Tolkien, nel panorama europeo contemporaneo? E perché?

J. R. R. Tolkien, considerato autore di opere fantasy come Il Signore degli Anelli, anche se sarebbe più giusto e corretto riferirsi al genere come epico, è stato soprattutto un professore di lingua e letteratura inglese presso l’Università di Oxford. Più di ogni altro autore del secolo scorso ha inciso sul panorama culturale e letterario mondiale. Diversi i motivi, per citarne alcuni: la creazione di mondi immaginari complessi con la sua Terra di Mezzo completa di storia, geografia e lingue inventate, capaci di influenzare, in modo significativo, autori, artisti, cineasti, illustratori; con il suo Il Signore degli Anelli è riuscito a rendere un genere letterario rispettabile e popolare divenendo un punto di riferimento nell’immaginario collettivo e nella cultura popolare; nella sua opera narrativa è riuscito a trasformare molti dei temi trattati: il coraggio, il sacrificio, l’amicizia, la lotta tra il bene e il male, la battaglia interiore, in temi di discussione e approfondimento culturale e filosofico, coinvolgendo più livelli appartenenti al mondo culturale, popolare e accademico. Inoltre, le influenze sulla cultura popolare hanno ispirato serie TV, film, videogiochi, arte, musica e fumetti, diventando una parte integrante della cultura popolare e andando ben oltre i confini della letteratura.

“Le radici profonde non gelano” questa frase è contenuta nel libro “La Compagnia dell’anello”, secondo lei questo monito è un richiamo alla conservazione dei valori spirituali oppure un’esortazione a non arrendersi mai davanti agli impervi sentieri di un cammino?

La frase è tratta da una poesia scritta da Bilbo durante il soggiorno a Rivendell e dedicata ad Aragorn, il quale è l’assoluto protagonista di ogni verso che racchiude in sé passato, presente e futuro del Re di Gondor. L’originale recita Deep roots are not reached by the frost: con quest’ultima parola che può tradursi come brina, ghiaccio o gelo oppure gelata, quella capace di compromettere il raccolto. Detto questo, è bene ricordare che bisogna ben distinguere ciò che nel testo intende l’autore e quello che vede il lettore: nel primo caso si parla di allegoria, cosa che Tolkien detestava, nel secondo di applicabilità. Per quanto mi riguarda, più che conservazione di qualcosa, la frase evoca radici culturali e spirituali così ben salde e profonde che nessun fenomeno può comprometterle, grazie alle quali si può affrontare qualunque tempesta o gelata. Come altre frasi della poesia in cui è presente, la lettura di questo passo è alquanto evocativa e va oltre il motivo per il quale è stata scritta dal suo autore, indipendentemente dalla volontà di quest’ultimo. Mi piace ricordare che è una frase anche menzionata dai Led Zeppelin nella loro canzone Stairway to Heaven.

La mostra sul noto scrittore inglese sembra aver avuto – fino ad ora – un ampio numero di visitatori. Quali sono, secondo il suo giudizio, le motivazioni del grande interesse nei confronti della figura di Tolkien?

Il successo della mostra, così come dei film del regista Peter Jackson, è figlio dell’amore che verso questo autore nutrono milioni di lettori. Tolkien ha raggiunto lettori in ogni angolo del pianeta, con le sue traduzioni in 52 lingue pubblicate in oltre 70 paesi. Un successo che travalica confini, differenze religiose, culturali, linguistiche e politiche, come raramente è accaduto nel mondo della letteratura. In Italia, al di là di qualche sporadico gruppetto ideologizzato, pronto a “difendere” qualcosa che non gli appartiene – come non appartiene a nessun altro -, Tolkien è amato in quanto scrittore capace di catturare il lettore e tenerlo legato alla storia, ai protagonisti, ai luoghi ed alla costruzione di un mondo credibile. La mostra cerca di colmare un vuoto: quello della conoscenza dell’autore, della sua vita privata e familiare, e quella di accademico e studioso. La conoscenza di entrambi gli aspetti è fondamentale per comprendere l’autore. Questo intento è stato percepito dai visitatori, i quali continuano, con numeri strabilianti, ad affollare la Galleria Nazionale d’Arte Moderna.

La mostra ha ricevuto critiche da parte della sinistra. Secondo lei quali sono le ragioni di questa analisi? Come risponderebbe alle disamine di chi non gradisce la mostra?

Nessuna risposta a chi “giudica” in modo pregiudizievole. Ho letto solo critiche pretestuose verso il Governo e il Ministro della Cultura, quest’ultimo reo solo perché desideroso di celebrare uno dei più importanti scrittori al mondo. Lo stesso vale per le critiche rivolte da chi non ha la minima idea di cosa comporti allestire una mostra su uno scrittore, soprattutto se questo si chiama J. R. R. Tolkien. Delle critiche costruttive ho cercato di prendere ogni utile suggerimento, per quelle ideologizzate e pregiudizievoli, invece, ho solo ringraziato per la grande pubblicità fatta a questa mostra. Sono i numeri e i tantissimi commenti positivi ed entusiasti dei visitatori italiani e stranieri, la miglior risposta a chi non riesce ad andare oltre la propria appartenenza ideologica.

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Gabriele Caramelli
Gabriele Caramelli
Studente universitario di scienze storiche, interessato alla politica già dall’adolescenza. Precedentemente, ha collaborato con alcuni Think Tank italiani online. Fermamente convinto che “La bellezza salverà il mondo”.

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