L’Italia di Meloni torna a produrre. La rinascita industriale parte da qui

Ad aprile +1,0% nella produzione industriale. Merito delle scelte del governo Meloni e del coraggio di chi non ha mai smesso di credere nella forza del lavoro italiano

C’è un’Italia che non fa rumore, ma che ogni giorno tiene in piedi il Paese. È l’Italia dei macchinari che si riaccendono all’alba, delle linee di produzione che non si sono mai fermate, nemmeno nei momenti più bui.
Oggi, finalmente, quella parte d’Italia ha un dato con cui parlare chiaro: +1,0% nella produzione industriale rispetto a marzo. Un incremento netto, diffuso, robusto. E soprattutto: nazionale.

Il bollettino di aprile 2025 diffuso dall’ISTAT fotografa una realtà che molti – a Bruxelles e nelle redazioni benpensanti – non volevano vedere: la produzione italiana torna a crescere. E non per caso. Cresce perché è stato deciso di crederci, di investire, di difendere il lavoro e il prodotto nazionale. È la conferma che una strategia patriottica può generare risultati concreti. I numeri che raccontano una svolta
L’indice destagionalizzato sale dell’1,0% su base mensile, e del 0,4% nel trimestre febbraio–aprile rispetto al trimestre precedente. Non si tratta di un effetto ottico, ma di un’inversione reale che coinvolge quasi tutti i comparti.

A trainare sono in particolare:

i beni di consumo (+1,8%);

i beni strumentali (+0,8%);

i beni intermedi (+0,2%);

stabile ma positiva la componente energia (+1,8% su base annua).

Anche sul fronte tendenziale – che misura l’andamento rispetto allo stesso mese dell’anno precedente – il saldo è positivo: +0,3%, nonostante il contesto globale ancora incerto e inflattivo.

Settori in forte espansione:

legno, carta, stampa: +4,7%;

energia elettrica e gas: +4,3%;

informatica e componentistica elettronica: +3,3%.

Accanto ai segnali positivi, persistono zone d’ombra. La produzione farmaceutica crolla dell’11,0% su base annua, mentre la fabbricazione di mezzi di trasporto arretra del 9,5%.
Segnali preoccupanti, che vanno letti come avvertimento: non tutta l’industria è uscita dalla tempesta, e non tutte le filiere hanno ricevuto il supporto di cui avevano bisogno.

È qui che si gioca la seconda metà della partita: consolidare la ripresa e indirizzarla verso i settori strategici. Lo Stato deve tornare a fare politica industriale, non solo facilitare. E in effetti, questa ripresa non nasce nel vuoto. È figlia di una visione che ha messo al centro il lavoro nazionale, ha promosso il reshoring produttivo, ha difeso gli interessi delle imprese italiane negli scenari internazionali, spesso ostili o passivi.

Dove altri parlavano di decrescita felice, l’Italia patriottica ha parlato di valore del lavoro. Dove altri rincorrevano l’utopia green senza piani industriali, il governo Meloni ha tenuto insieme sostenibilità e sovranità. Il dato ISTAT è un risultato, ma anche una responsabilità. La ripresa industriale non è scontata, e va difesa. Serve una strategia strutturale:

valorizzare i settori in crescita (elettronica, energia, manifattura leggera);

investire nella competitività delle filiere intermedie;

proteggere l’autonomia energetica e infrastrutturale;

sfidare il paradigma tecnocratico che ha sterilizzato le politiche industriali in Europa per vent’anni.

Il bivio è chiaro: o si torna alla logica dell’austerità e dei vincoli senza patria, oppure si consolida un modello economico centrato sull’identità nazionale, la produttività reale e la dignità del lavoro. Non è solo un +1,0%. È un segnale politico e culturale. Dopo anni in cui produrre era quasi una colpa, l’Italia ritrova l’orgoglio di creare valore con le proprie mani, con la propria testa e con il proprio spirito.

Per questo aprile 2025 non va archiviato come una statistica. Va ricordato come il mese in cui la produzione industriale italiana ha dimostrato che sì, si può ancora crescere. A patto di crederci. A patto di difendere ciò che siamo.

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Leo Valerio Paggi
Leo Valerio Paggi
Leo Valerio Paggi per La Voce del Patriota.

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