L’uscita di Chiara Ferragni che metteva in correlazione la “cultura fascista” con il massacro di Colleferro aveva ringalluzzito molte anime smarrite del mondo antifà, da troppo tempo ormai senza più un riferimento. Sembrava tutto bello e facile, come spesso accade nel mondo delle star di instagram: si pubblica un selfie ammiccante con il fondoschiena in bella evidenza, l’ultimo pataccone dorato appena acquistato online, e subito arrivano i like. A milioni.
Però poi qualcuno ha cercato di elevare la discussione e alzare un pochino l’asticella, i fatti di Colleferro sono talmente gravi che non possono essere liquidati con uno spottino elettorale di basso lignaggio. Ha iniziato lo scrittore di sinistra Gianrico Carofiglio, ex deputato PD, che ha risposto magistralmente a Lilly Gruber: “L’uso della parola fascista andrebbe calibrato nei confronti di quelli che ci risultano fascisti perché definire “fascista” ogni tipo di violenza alla fine si risolve nel semplificare e nel rendere impossibile il cogliere le differenze. Esistono violenze che non sono fasciste.”
Ci ha poi pensato il magistrato Nicola Gratteri, imbeccato sempre dall’attivissima Lilly Gruber: “Mentalità fascista? Direi mentalità mafiosa, nel senso che quei ragazzi hanno avuto atteggiamento mafioso: controllo del territorio. Chiunque fosse stato lì lo avrebbero ucciso: è un modo di essere di quelle persone, questa è la concausa di mancanza di istruzione e cultura di gente allenata alla violenza“.
La mancanza di istruzione e di cultura di gente gretta e violenta è il vero problema da affrontare, è risaputo che le bestie di Artena fossero dei prepotenti seriali, già noti ai commissariati locali. E piaccia o meno, il loro modo di utilizzare i social network è inequivocabile: selfie per mettere in evidenza il fisico scolpito a suon di bomboni chimici e tatuato fino al collo, scatti per far notare al proprio pubblico gli abiti firmati, gioielli e orologi in pieno Casamonica style e location per vip a fare da sfondo alla pacchianeria. Non c’è nessuna cultura dietro, non c’è un pensiero politico, una filosofia: c’è solo quel disperato e burino tentativo di conformarsi ai modelli proposti dalle web star, quelle che fanno la bella vita a suon di click.
E quando anche Giorgia Meloni ha provato a spostare il dibattito dallo scrolling dei post di instagram, Fedez s’è incazzato. Come riporta Il Tempo, rispondendo a una domanda sui palestrati che hanno ucciso Willy, la Meloni dice: “Sono distanti anni luce da qualunque cultura. Escludo che abbiano mai letto un libro. Semmai sono figli di chi ha propagandato il modello Gomorra per farci milioni. Di chi ci ha spiegato che in Italia il problema della droga non esiste. Di chi come valore massimo propone l’obiettivo di comprarsi un paio di scarpe da 1.000 euro”.
Inspiegabilmente il rapper instagrammaro si è risentito e ha fatto un video per far vedere la sua bella libreria di un metro per due, con tutta la biografia di Bukowski, come se la Meloni avesse puntato il dito contro lui e la bella Chiara. Quando invece Giorgia si riferiva palesemente agli aggressori di Willy. C’è da chiedersi quale sia il motivo per cui Fedez se la sia presa: ha letto il giornale e ha capito male? C’è un detto popolare che dice che la lingua batte dove il dente duole, i latini invece dicevano excusatio non petita, accusatio manifesta…
Alla prossima Fede!