In Europa sta prevalendo, sempre più, il modello italiano in fatto di immigrazione. Sempre più Stati membri si schierano dalla parte del governo di Giorgia Meloni, che ha creato un nuovo approccio che piace già da tempo alla presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, e che inizia a piacere sempre più anche ad altri Paesi europei. L’ultimo in ordine temporale ad unirsi alla già lunga lista di sostenitori, è la Francia. Proprio la Francia che per anni ha fatto dell’accoglienza un suo cavallo di battaglia (almeno a parole, perché nei fatti respingevano con le cattive i migranti a Ventimiglia pur criticando i blocchi alle Ong nei porti italiani). Quel tempo sembra essere lontano: ora Parigi, secondo le indiscrezioni del Foglio, ha sguainato la spada in favore di Roma, sostenendo la memoria che già altri Paesi hanno redatto in favore del governo italiano nella prossima sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea del 25 febbraio, richiesta da alcune toghe italiane palesando una presunta discrepanza tra la normativa europea e quella italiana sulla questione dei Paesi sicuri. Una sentenza che può potenzialmente sbloccare le procedure che trasportare i migranti nei due centri per il rimpatrio costruiti a Shengjin e Gjader, sulle coste albanesi, secondo quel processo di esternalizzazione dei confini nei confronti del quale si è già levata la curiosità di mezza Europa e della stessa Commissione europea. Ben 15 Paesi inoltrarono una lettera all’esecutivo di Bruxelles in cui chiedevano all’Unione europea di dotarsi di una legislazione più forte in fatto di rimpatri: la proposta era “l’esame della potenziale cooperazione con i Paesi Terzi sui meccanismi di hub di rimpatrio, dove i rimpatriati potrebbero essere trasferiti in attesa del loro allontanamento definitivo”. Dunque, “esplorare potenziali modelli all’interno dell’attuale acquis dell’Ue, oltre a considerare l’eventuale necessità di modifiche alla direttiva sui rimpatri”. La stessa von der Leyen, dal canto suo, mostrò la sua curiosità verso i “modelli innovativi” ideati dal governo italiano.
Difesa dei confini e rimpatri
La sentenza del 25 febbraio tiene dunque con il fiato sospeso mezza Europa, che è pronta a proporre nuove forme di gestione dei flussi che mai erano stati applicati. Difesa dei confini e rimpatri: è l’obiettivo a cui ambiscono sempre più Paesi, anche quelli che si proponevano difensori di un modello di ingressi indiscriminati che ora, paradossalmente, si sta rivoltando loro contro. “Dodici paesi presenteranno – si legge sul Foglio – una memoria scritta a sostegno dell’Italia, altri tre lo faranno per via orale. La spinta
alle politiche del governo Meloni è figlia della lettera dello scorso maggio in cui 14 stati membri scrissero alla Commissione europea per chiedere ”nuove misure da affiancare al Patto sulla migrazione appena varato inserendo anche gli hub per rimpatriati in paesi terzi”. Come appunto l’Albania”. Ma, “a differenza di quel documento – a cui non aveva aderito la Francia, così come la Germania e la Spagna – questa volta c’è Parigi. In compagnia dei governi di Sofia, Praga, Copenhagen, Tallinn, Atene, Nicosia, Riga, Vilnius, La
Valletta, L’Aia, Vienna, Varsavia, Bucarest, Helsinki. Ovvero: Paesi del sud, dell’est e del nord, ognuno con le proprie priorità sul piano della gestione dei flussi migratori”. Si unisca pure il fatto che anche altri Paesi stanno cercando delle strategie per fermare gli sbarchi illegali e rendere più sicuri i propri Paesi: la Germania propone un modello di rimpatrio molto forte dopo i frequenti attentati terroristici delle ultime settimane, promettendo rimpatri anche verso l’Afghanistan (altro che Paesi sicuri). Pedro Sanchez, capo del governo spagnolo a trazione socialista, si recò in Africa cercando un dialogo con i Paesi africani, proprio su modello di quanto fatto da Meloni con la Tunisia, la Libia e l’Egitto, al fine di bloccare le partenze nei porti africani. Vince così il modello italiano, che a livello politico piace all’Europa e ai suoi Stati, poco importa quale sia la forza politica che li governa. Si aspetta soltanto la sentenza della Corte di Giustizia del Lussemburgo, che a questo punto potrebbe configurarsi soltanto come una formalità.