Il Covid e la successiva complessa situazione geopolitica rischiano di mandare in crisi molti settori dell’eccellenza del made in Italy. Tra questi il comparto del Pronto Moda del mercato del tessile. Un grido di allarme raccolto da Fabio Pietrella, responsabile nazionale del dipartimento Moda di Fratelli d’Italia che ha organizzato una conferenza stampa alla Camera per ascoltare quali strumenti possono servire per risollevare il settore. “La moda – ha detto Pietrella, esponente di FdI in commissione Attività Produttive, Commercio e Turismo alla Camera – è uno degli asset principali del Paese e il Pronto Moda rappresenta un importante lavoro di ricerca e innovazione e di velocità di produzione”. Nel dettaglio è entrato Jacopo Giuliani, presidente del Centro Tessile di Milano, uno dei centri più grandi del Paese con 200 milioni di fatturato annui, 800 addetti e una media di 1200 ingressi giornalieri nei 20 padiglioni. Per Giuliani esiste anche un indotto enorme, “perché il cliente tipo del nostro centro è il negoziante al dettaglio che popola le nostre strade, quello che troviamo sotto casa nostra”. Ecco allora che la crisi del settore rischia di investire a cascata decine di migliaia di persone e di famiglie che concorrono ala formazione del prestigio del made in Italy. La responsabile Comunicazione del centro tessile di Milano, Donatella Vertua, ha sottolineato che il panorama che coinvolge il comparto non è solo quello dell’abbigliamento, ma si estende anche ad accessori e tessuti”. Del resto, come ha ricordato Elisabetta Guzzi, senior manager del Centro, “la nostra, come quella di altri centri di questo tipo, è una storia nata nella prima metà degli anni 80, quando si è sentita l’esigenza di comporre dei consorzi e fare sistema”.
Insomma, una delle punte di diamante del made in Italy e del comparto moda, con una fascia di mercato medio alta, ha bisogno di un sostegno, e Jacopo Giuliani prova a spiegare come si può disinnescare la crisi: “Servono aiuti mirati, non a cascata. Bisogna intervenire sui grandi centri commerciali, che dopo un periodo di boom ora vanno contenuti; sulla vendita online che, al contrario della vendita tradizionale non ha regole; infine serve una politica di protezione dalle grandi aziende dell’est asiatico. Il panorama non è felice, anche per la contrazione dei consumi e per l’aumento delle materie prime”.