Negozi chiusi nelle festività: perché la proposta è tutt’altro che “anacronistica”

“Anacronistica”. Delle diverse reazioni che ha suscitato la proposta di legge sulla chiusura dei negozi in 6 superfestività, presentata da Silvio Giovine, parlamentare  di Fratelli d’Italia, colpisce questa definizione. Perché insiste sul tema fondamentale del tempo e assieme tradisce una visione dell’uomo a una sola dimensione: quella del consumo. La questione è semplice e ci ragiona magistralmente il nostro vicedirettore Francesco Riccardi nel giornale oggi in edicola: dopo anni di liberalizzazione totale del commercio i piccoli negozi di quartiere sono stati spazzati via. Colpa della concorrenza del “sempre aperto”, la stessa che la grande distribuzione organizzata subisce ora dall’online. Di qui il forte timore di alcuni operatori del settore che qualsiasi regolamentazione possa intaccare il fatturato. Anche solo di qualche frazione, visto che stiamo parlando di sei-giornate-sei in un anno – Natale, Santo Stefano, Capodanno, Pasqua, Ferragosto, il Primo Maggio – e una tipologia molto limitata di esercizi commerciali (sono esclusi bar, ristoranti, pasticcerie…).

La festa, le domeniche in genere ma soprattutto le grandi festività religiose o laiche, hanno la funzione di sancire uno stop, una cesura rispetto al tempo ordinario del lavoro. Le feste servono a ri-sincronizzare le persone in un tempo che viene liberato per ognuno di noi contemporaneamente. Possiamo fare festa assieme perché siamo tutti liberi e siamo tutti liberi proprio perché possiamo fare festa assieme (è il senso della liberazione nell’Esodo, dello shabbat e della domenica). Il sistema economico, invece, persegue l’obiettivo di ricondurre tutto e solo alla generazione di profitto, compresi i rapporti sociali. Ma non è forse proprio questa idea della persona “a una sola dimensione” e della libertà stessa ad essere, in maniera interessata, fortemente “anacronistica”?

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Giovanni Curzio
Giovanni Curzio
Giovanni Curzio, 21 anni, napoletano, studente alla facoltà di Giurisprudenza della Università degli Studi Suor Orsola Benincasa. Da sempre è appassionato di giornalismo sia di cronaca che sportivo. Collabora anche con agenzie di stampa ed emittenti radiofoniche e televisive della Campania.

3 Commenti

  1. Caro Giovanni, non sono per niente d’accordo! Se osserviamo il mondo dal nostro punto di vista, sbagliamo eccome. Alcuni esempi. Ho lavorato parecchi anni nei pubblici esercizi dove il 90% del lavoro si concentrava dalle 6 alle 2 di notte dal venerdì alla domenica. Speculazione? Ho anche lavorato in ufficio per parecchi anni dalle 7 alle 19 (viaggio compreso), qualche volta anche il sabato. Se non ci fossero stati negozi aperti nelle festività come avrei fatto? Speculazione? Chi non ha bestemmiato (metaforicamente) quando la macchina gli si è fermata il 25 dicembre o al 15 di agosto, perché di un meccanico nemmeno l’ombra? Se qualcuno era disponibile, speculazione? Vi risparmio la sanità, per carità! Ma insomma, se uno vuole lavorare (e possibilmente guadagnare) lo fa quando vuole lui o quando vuole il mercato o quando vuole il governo? Attenzione, il mercato siamo noi che quando andiamo in ferie vogliamo tutti i servizi! Sinceramente, se io voglio farmi una domenica con la famiglia nella natura senza vedere negozi, chi me lo vieta? Se i negozi sono aperti cambia qualcosa? Piuttosto, mettevi nei panni di chi ha la festività come unica opportunità per rilassarsi un po’ e si trova tutto chiuso. Se poi saranno di più coloro che prediligono i negozi da quelli che li odiano, lo stabilirà ancora la legge di Darwin (è l’ambiente che seleziona la specie che sopravvive!). Ma allora, nel rispetto delle leggi e dei diritti, la parola d’ordine è LIBERTA’, ai posteri l’ardua sentenza! NEGOZI APERTI TUTTO L’ANNO 24 ORE SU 24!!!!

  2. Che tristezza la domenica passare davanti al Supermercato NN e vederlo sempre ugualmente aperto a far soldi…
    Che tristezza vedere l’Impresa di fronte a casa mia che lavora anche di domenica…
    Che tristezza vedere il pensionato che per poche palanche in più, lavora ancora come un dipendente e arriva alla morte col cacciavite in mano…Lo sfruttamento di tutto ciò che può dare ricchezza non conosce limite perciò non porta felicità. Perdiamo l’anima e diventiamo oggetti (cinesi fatti in serie)

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