PSE e soprattutto PD indecorosi

Durante la Prima Repubblica e gli anni della Guerra Fredda da destra si denunciava come il Partito Comunista Italiano utilizzasse di fatto, a livello politico ed elettorale, il simbolo di una Nazione estera ed oltretutto nemica del blocco di appartenenza dell’Italia. Chi ha qualche primavera sulle spalle ricorda l’emblema storico del PCI composto da una bandiera rossa con falce e martello gialli, la stessa dell’Unione Sovietica, che sovrastava un Tricolore italiano appena appena visibile. Per i comunisti di Palmiro Togliatti, ma anche di Enrico Berlinguer, l’URSS veniva prima dell’Italia. Notiamo come un certo spirito anti-italiano alberghi pure presso la sinistra di oggi sebbene siano sparite determinate ideologie del Novecento.

Del resto, il Partito Democratico odierno è stato fondato da numerosi post-comunisti e da pochi cattolici di sinistra. Certo, i vertici attuali del PD, come la 39enne Elly Schlein, non hanno vissuto l’epoca del PCI, ma tanti giovani di sinistra, a cominciare dalla numero uno del Nazareno, sono riusciti a diventare più massimalisti di coloro i quali sono stati allevati sotto l’ala protettiva di Berlinguer, come Massimo D’Alema e Walter Veltroni. Per cercare di procurare qualche inciampo al Governo Meloni, il PD è disposto ad andare contro agli interessi generali dell’Italia, che in quanto tali riguardano tutti e non solo singoli pezzi del panorama politico. Fare opposizione, e il Partito Democratico ha tutto il diritto di farla, non deve comportare la manomissione del bene comune che va a ledere chiunque viva in una determinata comunità nazionale, inclusi gli elettori della minoranza parlamentare. La sinistra vuole denunciare e mettere alla berlina l’Italia in sede europea per le politiche del Governo di contrasto alla immigrazione clandestina, e promuove un sistematico sabotaggio verso la candidatura di Raffaele Fitto ad una delle vicepresidenze della Commissione UE.

Il PSE, Partito Socialista Europeo, di cui il PD è azionista di maggioranza, considera ormai incrinato il rapporto di fiducia con il Partito Popolare Europeo e dichiara che non voterà per Fitto. Questa decisione viene giustificata con il desiderio di non fare uscire l’esecutivo di Bruxelles dal perimetro della maggioranza che ha sostenuto la riconferma della presidente Ursula von der Leyen, della quale i partiti di riferimento di Raffaele Fitto, Fratelli d’Italia e ECR, non fanno parte. In realtà, i socialisti continentali bocciano il commissario italiano Fitto in base ad un gigantesco input del PD che vuole creare un danno in Italia al Governo di Giorgia Meloni tentando di impallinare un suo uomo. Elly Schlein e i suoi sono disposti ad impedire che la nostra Nazione abbia voce in Europa, levandole il diritto ad una vicepresidenza della Commissione, purché avvenga un inconveniente sul cammino del Governo e questo modo di fare politica è francamente vergognoso. Pensano di guastare solo l’odiato centrodestra italiano, ma stanno terremotando la leadership europea di Ursula von der Leyen che loro stessi hanno contribuito a riconfermare brigando per l’esclusione dei Conservatori e Riformisti di ECR.

Se popolari e socialisti giungono ai ferri corti non ci rimette Raffaele Fitto, ma traballa la sedia di Ursula e si sfalda la maggioranza che l’ha rieletta. Giustamente, la presidente della Commissione europea vuole che una delle vicepresidenze venga occupata da una figura indicata da Roma, sia per la fondamentale necessità di non poter emarginare un Paese importante come l’Italia che per rispettare almeno in parte l’esito delle elezioni europee, dalle quali i Conservatori e Riformisti di Giorgia Meloni e di Raffaele Fitto sono usciti vincenti. Si confida pertanto che possa formarsi una diversa maggioranza, (a livello europeo le maggioranze possono cambiare in base ai vari temi in discussione, a differenza di quanto accade nei parlamenti nazionali), capace di spingere Fitto nel posto che gli spetta e di mettere all’angolo coloro i quali danneggiano il loro Paese d’origine per scopi partigiani di bassa lega.

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Roberto Penna
Roberto Penna
Roberto Penna nasce a Bra, Cn, il 13 gennaio 1975. Vive e lavora tuttora in Piemonte. Per passione ama analizzare i fatti di politica nazionale e internazionale da un punto di vista conservatore.

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