Che l’immigrazione sia un’arma, una clava, di uso esclusivo di alcune presunte “elite” lo diciamo da anni; così come ripetiamo da sempre che attorno a questo fenomeno la retorica del politicamente corretto prosperi. Per questi motivi, tutto ciò che nn è allineato al pensiero unico di Richard Gere, deve essere sottaciuto, come nel caso del libro di Raffaele Simone, L’ospite e il nemico (Garzanti).
L’autore infatti ci parla della insostenibilità di questa politica migratoria portata avanti dall’Europa, alimentata dal senso di colpa verso i popoli del sud del mondo, alimentato da una certa compagine di intellettuali che di fatto impongono questa accoglienza buonista ed indiscriminata. Lo stesso clima che taccia di “islamofobia” qualsiasi critica alla cultura islamica. Un percorso, attraverso l’opera, che arriva a domandarsi se ci sono o meno valori europei che vadano difesi. Quello che colpisce è come l’autore smonti uno ad uno i cliché più gettonati, come «siamo stati tutti migranti e siamo tutti meticci», «dall’arrivo dei migranti abbiamo da trarre solo vantaggi», ecc. L’autore argomenta e documenta profondamente le sue tesi.
Allo stesso modo spiega come il diritto all’accoglienza illimitato porti alla necessaria cancellazione dei confini. Tesi decisamente scomode, soprattutto se provenienti da una penna non certo arruolata tra gli intellettuali notoriamente schierati contro le politiche migratorie che in questi anni hanno portato quasi 700.000 immigrati sulle nostre coste.
Sarà per questo che a parte Galli della Loggia sul Corriere nessun altro ha parlato di questo libro? È ovvio: se vai contro il pensiero dominante devi essere ignorato, dimenticato, messo a tacere, insabbiato.