È stata una brutta, bruttissima, pessima giornata per la sinistra. Una di quelle che “peggio di così, non può andare”. Perché è crollato, sotto i colpi di risposte inopinabili (numeri e magistratura), l’intero sistema dem che raccontava il presunto bavaglio del Governo Meloni sulla Rai, il presunto monopolio dell’esecutivo sulla Tv di Stato. Una narrativa su cui si è basata l’intera campagna elettorale per le europee di Pd e altri compagni vari che, ipocritamente, hanno accusato Fratelli d’Italia di utilizzare la televisione pubblica per propagandare la propria linea politica, quando la riforma che costruì l’odierno sistema Rai fu voluta proprio dal Pd al governo, quando è ormai risaputo che il monopolio culturale in Italia non appartiene affatto alla destra.
Ennesimo bavaglio?
Ma restiamo in tema. La brutta giornata del Pd è iniziata quando, in effetti, gli esponenti del mondo progressista e soprattutto anti-meloniano (idee chiare solo sul nemico da sconfiggere) hanno deciso di darsi la zappa sui piedi da soli, lamentando l’ennesimo bavaglio della Rai. Questa volta sulle ultime elezioni francesi, che hanno visto la “vittoria” (le virgolette non per sminuirne la portata, ma per contestualizzarne il risultato, con l’Eliseo che ora è in balia di accordi che saranno difficili da concludere) dell’estrema sinistra di Melenchon, del suo Nuovo Fronte Popolare, del suo France Insoumise. Francia ribelle, tanto ribelle che ogni cosa che capita tra le mani dei suoi militanti viene scaraventata altrove, imbrattata e incendiata. Ovviamente, la narrativa dei dem era che la Rai aveva scelto deliberatamente (o meglio, con le pressioni del governo) di non parlare dei risultati delle urne francesi perché non graditi alla maggioranza di centrodestra. Come a voler chiudere gli italiani in una bolla, spaventata del fatto che la vittoria della sinistra francese possa avere ripercussioni anche qui da noi. Almeno questo è ciò che spera la sinistra, a cui non resta altro che aspettare qualcuno che da Paesi lontani la venga a salvare.
Cao inventato, i numeri parlano chiaro
La batosta per i dem è arrivata quando l’amministratore delegato della Rai Roberto Sergio ha inoltrato una lettera alla presidente della commissione Vigilanza Barbara Floridia. Una lettera che contiene tutta la verità sul tempo impiegato dai vari telegiornali Rai per parlare delle elezioni francesi: 321 minuti. Tra il pomeriggio del 7 luglio e la mattina dell’8 luglio, il tempo dedicato alla Francia supera il 44% del totale. E gli osservatori più attenti (di cui, a quanto pare, il Pd è sprovvisto) avranno notato che rispetto al 2022, quest’anno la Rai ha affrontato l’argomento con la previsione di due speciali, su Rai News e su Rai3. Nulla di cui lamentarsi, giusto? Beh, giusto, ma la sinistra si lamenta lo stesso, sia prima della lettera, parlando di “buco informativo”, sia dopo la lettera, con Sandro Ruotolo, responsabile dell’informazione nella segretaria dem, che ha parlato di “alibi farlocchi”. Non credono neppure ai numeri e alla loro evidenza.
Batosta finale
Ma forse i dem si capaciteranno del fatto che non esiste alcun intento censorio da parte del governo sulla Tv pubblica, ora che il tribunale del lavoro di Roma ha rigettato il ricorso sullo sciopero dello scorso 6 maggio, quello organizzato dall’Usigrai (il sindacato rosso dei giornalisti Rai) e miseramente fallito, con pochissimi e minimi danni al servizio pubblico. La scelta del direttore del Tg1 Gian Marco Chiocci, accusato dalla sinistra di non aver dato ascolto al monito del sindacato di non andare in onda quel funesto 6 maggio, non fu una decisione “anti-sindacale” in quanto venne uitlizzato esclusivamente personale nona aderente allo sciopero. Con buona pace (perlomeno speriamo) della sinistra. La pietra tombale viene messa da Francesco Palese, segretario dell’Unirai, il sindacato che ora, dopo quaranta anni di lavoro in solitaria per l’Usigrai, ha creato una nuova voce per i giornalisti della Tv pubblica: “Il 6 maggio il muro è caduto. Il monopolio è finito. Qualcuno si metta l’anima in pace. E come abbiamo detto sempre il 6 maggio auguriamo altre 100 (o centomila) di queste “vittorie””.