Ieri mattina lo spread, ovvero, il differenziale fra BTP e Bund decennali, è sceso sotto la soglia psicologica dei 100 punti per poi chiudere a 101, ai minimi da settembre 2021. Il calo dello spread è legato anzitutto alla stabilità politica che caratterizza l’Italia da due anni e mezzo a questa parte. Il Governo Meloni è uno degli esecutivi più stabili della Storia repubblicana, è il quinto più longevo per il momento, e questa solidità fa sì che i titoli di Stato italiani diventino più sicuri di quelli tedeschi, i Bund appunto.
La credibilità e la stabilità sono la prima riforma economica della quale necessita l’Italia, come ha affermato la premier Giorgia Meloni. I mercati stanno premiando inoltre il percorso virtuoso del Governo circa i conti pubblici, rimessi in una situazione sostenibile con il debito che oggi è al 135,3 per cento del PIL rispetto alla percentuale del 157,7% del primo trimestre del 2021. Stanno giocando un ruolo anche le recenti promozioni del debito italiano sottoscritte dalle agenzie di rating Fitch e Standard and Poor’s. S&P ha alzato ad inizio aprile il rating italiano a BBB+ per il miglioramento dei conti pubblici.
Il Presidente del Consiglio non può fare a meno di rilevare che i dati economici positivi conseguiti dall’Italia negli ultimi anni, per giunta in una situazione a livello internazionale molto complessa, raccontino di una Nazione che va meglio di quanto andasse in precedenza. La stabilità dei governi è di fondamentale importanza perché essa rende credibile e affidabile un Paese anche a livello economico-finanziario e infatti, grazie alla fermezza del Governo Meloni, i nostri BTP sono i titoli pubblici più attendibili in Europa e continuano ad attirare capitali. Tutto ciò impone di insistere e non mollare di un millimetro con la riforma del premierato, che, tramite l’elezione popolare del Presidente del Consiglio e la netta distinzione fra coalizioni alternative quale argine agli inciuci, garantisce l’avvicendarsi di governi durevoli ed efficaci. La stabilità del Governo Meloni non è tuttavia paragonabile al grigio e mortifero rigore di montiana memoria perché questo esecutivo, pur avendo operato sin qui attraverso congiunture non facili e con un’eredità ricevuta da PD e M5S ben poco desiderabile, non si è riparato dietro al piagnisteo verso il destino cinico e baro, ma ha smosso delle questioni come la riforma delle aliquote IRPEF, la riduzione del cuneo fiscale in busta paga e l’applicazione iniziale della Flat Tax alle Partite IVA forfettarie.
Il riformismo, doveroso in un Paese a lungo ingessato come l’Italia, è stato coniugato con il senso di responsabilità, altrettanto doveroso, circa la tenuta dei conti dello Stato. Quindi, l’Italia è diventata, in questi ultimi due anni e mezzo, il Bengodi? Certo che no, perché, come ripete sempre la premier Meloni, ancora tanto rimane da fare da qui alla fine della legislatura e la classe dirigente di questo Governo chiederà sicuramente agli italiani il permesso per un secondo mandato.
Ma, come testimoniano i dati economici e quelli relativi al mondo del lavoro, ripresi e confermati dalle agenzie di rating e dal calo vistoso dello spread BTP-Bund, l’Italia di oggi sta meglio rispetto a quella governata da Mario Draghi e prima da Giuseppe Conte. Di sicuro, non abbiamo a che fare con quel Paese allo sfascio e sull’orlo del precipizio fantasticato dalle opposizioni, che proprio ieri, durante il Question Time alla Camera con la presenza di Giorgia Meloni e subito dopo il crollo positivo dello spread, hanno continuato a descrivere l’Italia come una discarica maleodorante e invivibile. Oltre alla pagliacciata del “fantasma” Riccardo Magi di +Europa e alle ipocrisie pelose di Conte dedicate alla Striscia di Gaza, Elly Schlein, con dati che conosce solo lei, si è esibita nel suo solito pippone circa la Sanità pubblica irrimediabilmente distrutta da Giorgia Meloni e Maria Elena Boschi ha rivolto un pensiero agli italiani che non arrivano a fine mese.
Con tutto il rispetto, la deputata di Italia Viva ci sembra la persona meno indicata per la promozione di battaglie a favore dei diseredati. Hanno davvero una faccia tosta che non finisce mai, direbbe Sora Lella, perché, se mettiamo bene i puntini sulle i notiamo che quei problemi che non hanno ancora incontrato una soluzione completa, pensiamo alle liste d’attesa nella Sanità citate da Schlein o ai contratti schiavisti a 5 euro l’ora, derivino dagli anni nei quali governavano in maniera sciagurata l’Italia sia il Partito Democratico che Matteo Renzi e il Movimento 5 Stelle. Accusano la premier Meloni di non avere il senso della realtà, ma sono lor signori a descrivere un Paese che non c’è, e non a caso, non vengono creduti da strati sempre più vasti della società italiana.