Ancora una volta: divisi. A sinistra non sanno più che pesci prendere e ogni testa mediamente pensante rappresenta un colore diverso di quell’arcobaleno tanto caro ai benpensanti. Questi alla vista appare almeno armonioso, mentre la confusione che circola al Nazareno (ma non solo) rischia di rovinare completamente la festa al – se così possiamo definirlo – campo largo.
Così la manifestazione per l’Europa rischia di fallire
Michele Serra ha lanciato il suo appello su Repubblica, invitando la sinistra tutta a unirsi e a sfilare a favore dell’Unione europea. Il che, detto così, sembra facile. Poi però bisogna fare i conti con la realtà ed è lì che iniziano le scaramucce: c’è la questione della guerra in Ucraina, che pesa come un macigno sul campo largo tutto. I progressisti sono con Zelensky, i più radicali vogliono lo stop agli armamenti in nome di uno pseudo-pacifismo che favorirebbe soltanto la Russia di Vladimir Putin. Tra le due posizioni, c’è un limbo immenso, un dirupo buio che imbarazza i rispettivi leader. Ecco, lì in mezzo, nel profondo, armata soltanto di una torcia scarica, erra Elly Schlein, alla ricerca di una posizione da prendere, in attesa forse di qualcuno che le dica cosa fare. Non sa che pesci pigliare, non sa se scontentare gli alleati del campo largo e stare dalla parte dell’Ucraina oppure frammentare (come se non lo fosse già abbastanza) il suo partito disertando la via della responsabilità. Altro fronte di divisione, quello degli armamenti e dell’esercito comune europeo. Lei ha criticato apertamente l’iniziativa di Ursula von der Leyen, i progressisti del suo partito (anche big come Enrico Letta e Romano Prodi) hanno invece mostrato interesse nei confronti della proposta. Si aggiungano poi le posizioni differenti all’interno del campo largo, ed ecco che la sinistra appare divisa, disorientata, confusa e sicuramente improponibile. Quella manifestazione, prevista sabato a piazza del Popolo, potrebbe essere così un fallimento.
Da che parte sta Conte?
Schlein, insomma, cerca di essere la federatrice di una coalizione a pezzi, incapace di dare una linea univoca ai suoi componenti neppure all’interno dei singoli partiti. Talvolta una linea univoca non si trova neanche nelle menti dei singoli leader. Le posizioni di Giuseppe Conte, che di questo problema è l’esempio più lampante, sono la rappresentazione della celebre frase “dai la cera, togli la cera” del maestro Miyagi di Karate Kid, ma privata del suo profondo significato di perseveranza. Conte è così: in pochi giorni è passato dall’amare Donald Trump a rifiutare le sue idee, dribbla responsabilità e accuse di ipocrisia come neppure Neymar dei tempi d’oro sarebbe riuscito a fare, dà dell’ingenuo a Zelensky e al contempo biasima Trump e lo scontro col presidente ucraino nello Studio Ovale. Se vi gira la testa dopo aver letto certe posizioni, cosa dovrebbe dire l’avvocato del popolo, che certe idee ce le ha in testa? In un’intervista al Corriere, il pentastellato, capace di subentrare a Grillo, a quanto pare, sia da capo-partito che da comico, è riuscito a dire tutto e il contrario di tutto: ha detto, ad esempio, che rivendica le sue parole in favore di Trump, che avrebbe smascherato “la propaganda bellicistica dell’Occidente sull’Ucraina”, ma poi ha aggiunto di aver avuto “parole di condanna per altre iniziative di Trump, dai dazi alla trasformazione di Gaza in una località balneare. E sono preoccupato perla posizione degli Usa sulle occupazioni abusive in Cisgiordania”. L’emicrania è garantita.