Tutti contro Netanyahu, ma sarebbe difficile per chiunque

Il premier israeliano Benjamin Netanyahu è stato attaccato da più parti negli ultimi giorni, in maniera decisa e forte. Anzitutto, e qui la rabbia è umanamente comprensibile, si sono scagliati contro il governo i familiari degli ostaggi ancora nelle mani di Hamas, soprattutto dopo l’avvenuta uccisione di alcuni di loro. Le famiglie temono, non si può dare loro torto, che via via quei cittadini israeliani tuttora prigionieri dei terroristi saranno eliminati tutti. E’ stato indetto uno sciopero generale e le strade di Tel Aviv si sono riempite di manifestanti. Netanyahu ha ricevuto critiche persino dal ministro della Difesa del suo governo, Yoav Gallant, peraltro appartenente anch’egli al Likud, lo stesso partito del premier. Per Gallant il mantenimento della presenza dell’IDF, l’esercito dello Stato ebraico, nel cosiddetto corridoio di Filadelfia, ossia, il territorio compreso fra la Striscia di Gaza e l’Egitto, significa la condanna a morte degli ostaggi. In ogni caso, la posizione di Yoav Gallant è risultata essere minoritaria e si è votato largamente a favore della permanenza dell’esercito nel corridoio di sicurezza. Dal presidente degli Stati Uniti Joe Biden sono state espresse perplessità circa il fatto che Bibi Netanyahu, secondo la Casa Bianca, non starebbe facendo abbastanza per il raggiungimento di un accordo per Gaza.  E’ evidente che i vertici di un Paese siano i primi a dover rendere conto delle loro azioni, nel bene e soprattutto nel male, tuttavia Israele, fra la necessità di annientare Hamas e il pensiero rivolto agli ostaggi ancora in vita, sta vivendo una delle fasi più complicate della propria Storia e chiunque si trovasse al posto dell’attuale primo ministro, non riuscirebbe a fare meglio. A volte si dimentica che tutto sia iniziato dai sanguinosi attacchi di Hamas del 7 ottobre del 2023, cioè, da un crimine che non poteva rimanere impunito. Sin dall’inizio, con tutte le sue componenti interne coese su questo punto, il governo di Gerusalemme si è dato l’obiettivo di scardinare una volta per tutte l’organizzazione terroristica divenuta padrona della Striscia di Gaza, e occorre ricordare anche i successi ottenuti sin qui da Israele come le eliminazioni dei capi militari di Hamas ed Hezbollah e del leader politico Ismail Haniyeh. L’Amministrazione Biden preme per un accordo, ma Netanyahu, pur non rifiutando a priori le insistenze americane ed anche europee, non è del tutto persuaso di fronte al fatto di dover scendere a patti, tornando in qualche modo a legittimarli, con coloro i quali intende sconfiggere in modo definitivo. Fra l’altro, Benjamin Netanyahu è un leader democratico e in quanto tale può essere criticato anche ferocemente, infatti, per alcuni commentatori, pare che la guerra in Medio Oriente sia esplosa solo per colpa di Bibi, ma i protagonisti di Hamas sono terroristi e non è facile siglare compromessi con chi capisce soltanto il crepitio delle armi. Il premier israeliano è convinto che sia preferibile una certa testardaggine in questo conflitto non iniziato dallo Stato ebraico, fino al conseguimento di una decisiva e storica sconfitta per Hamas. La questione degli ostaggi è un dramma niente affatto ignorato dal governo, che senza dubbio lacera le coscienze. Il passato della Repubblica italiana è stato caratterizzato da un lungo e doloroso dibattito riguardante la necessità di salvare vite umane innocenti e il contemporaneo pericolo di finanziare di fatto i sequestratori della criminalità organizzata o delle Brigate Rosse, ma siamo sicuri che se l’esercito israeliano si ritirasse all’improvviso da Gaza e dal corridoio di Filadelfia, Hamas consegnerebbe vivi gli ostaggi? Si ha a che fare con criminali ed è possibile soltanto che i terroristi tornino ad occupare la Striscia, rendendo inutili tutti questi mesi di guerra e di lutti.

Roberto Penna
Roberto Penna
Roberto Penna nasce a Bra, Cn, il 13 gennaio 1975. Vive e lavora tuttora in Piemonte. Per passione ama analizzare i fatti di politica nazionale e internazionale da un punto di vista conservatore.

3 Commenti

  1. Io vorrei chiedere a chi protesta, pur nel rispetto del dolore per la perdita dei loro cari, come credono di risolvere una situazione incancrenita e non certamente per volere di Netanyahu. Purtroppo quei territori non torneranno mai alla normalità e qui le responsabilità vanno certamente attribuite a chi, finita la seconda guerra mondiale, ha pensato soltanto alla creazione dello stato di Israele e non dello stato della Palestina. Tutte le potenze vincitrici devono fare ammenda.

  2. La mia piena solidarietà a Netanyahu.
    Ha il coraggio, come dovrebbero avere i comandanti o i leader politici, di dire una verità scomoda e dura da digerire, soprattutto per le famiglie degli ostaggi: non c’è e non c’è mai stata nessuna possibilità che Hamas riconsegni gli ostaggi, se non con la forza. Un accordo alle condizioni di Hamas significherebbe lutti ben maggiori per Israele e comunque non sarebbe rispettato da Hamas per quanto riguarda l’incolumità degli ostaggi, come i fatti dimostrano.
    Perchè Hamas non presenta le prove di quanti tra gli ostaggi sono ancora in vita, prima di proporre scambi di ostagi già uccisi? L’unica soluzione per la pace è lo sradicamento completo di Hamas, e questo, poichè Hamas ha avuto e probabilmente ha ancora la collaborazione della maggioranza dei Palestinesi, comporta necessariamente la severa punizione dei Palestinesi, colpevoli di aver creduto alla feroce ideologia islamista della “Palestina dal Giordano al mare”
    Solo con il completo rinnegamento di tale ideologia potrà esserci pace.

    Con affetto.

    Alessandro

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