Allattare è diventato un valore “non universalmente condivisibile” secondo i benpensanti woke. Quel gesto completamente naturale che accomuna tutti gli esseri umani nei loro primi mesi di vita, quel fenomeno straordinariamente intrinseco al nostro essere umani, al nostro essere animali, al nostro essere viventi, al nostro istinto di maternità, di genitorialità, di protezione, di sopravvivenza, ora indigna il mondo progressista, la cultura woke. Una cui sezione, quella femminista, aveva mostrato la volontà di lottare, non certo a torto, per sdoganare proprio l’atto dell’allattamento al seno visto da alcuni come volgare. Oggi, però, le motivazioni che spingono i fanatici del progressismo a boicottare uno dei più nobili gesti materni sui cui pure si regge la nostra intera civiltà – e, come detto, la sopravvivenza degli umani in quanto specie – non è più una questione di pudore. Invasi da idee pseduo-scientifiche, da un certa concezione anti-naturale dell’uomo e da visione “ugualitaria” tutta sinistra, allattare diventerebbe un’offesa. Ma un’offesa verso chi?
La folle decisione del Comune di Milano
Riavvolgiamo il nastro. La famiglia di Vera Omodeo, scultrice, sceglie il Comune di Milano per esporre pubblicamente per strada, in zona Porta Venezia, la sua opera “Dal latte veniamo” raffigurante, come si può capire, una donna che al proprio seno tiene un bambino che allatta. Un’opera che non ferisce nessuno, completamente laica, dal significato quasi naturalistico, che ci ricorda i valori su cui la nostra civiltà si basa: la famiglia, la cura per i figli e il rapporto unico che si crea tra una madre e il bambino, la semplicità delle cose. Un’opera sul mistero della vita che ciclicamente si rinnova e, dal latte del seno materno, si alimenta, trovando quella linfa necessaria per proseguire quell’unico senso dell’esistenza che gli uomini sono riusciti a decifrare: la continuazione della specie. Un’opera, dunque, che riguarda il genere umano nel suo complesso, perché tutti hanno bevuto latte e tutti hanno avuto una madre. Chi una madre presente, che ha allattato; chi una madre che non è riuscita ad allattare, ma non per questo meno madre: comunque sia, l’allattamento, simbolo della nostra vita e dell’accudire che ci rende umani, può essere considerato una delle basi della nostra società. Ma per il Comune di Milano non è così: la commissione designata per valutare la fattibilità dell’esposizione, ha dato responso negativo. La motivazione, come riportato da Repubblica, sarebbe proprio da ritrovarsi nei valori raccontati dall’opera, giudicati “certamente rispettabili ma non universalmente condivisibili da tutte le cittadine e i cittadini, tali da scoraggiarne l’inserimento nello spazio pubblico”. L’opera sarebbe pure colpevole di trattare il tema della maternità “con delle sfumature squisitamente religiose”. Una scelta che, giustamente, ha portato i familiari a chiedersi quali siano i valori non condivisi: “Essere donna? Allattare? Partorire?”. Alla faccia del femminismo (quello serio). Persino il sindaco Sala si discosta dalla decisione della commissione: “Chiederò di riesaminare la questione” fa sapere, certamente non col pugno duro. La commissione, comunque, reputa l’opera idonea a essere esposta al chiuso, ma la famiglia dell’artista non ci sta: o si espone al pubblico o non se ne farà nulla.
Il rifiuto della natura umana mina le nostre radici
La decisione della commissione di Milano è semplicemente figlia di una corrente di pensiero di rifiuto non solo di una religione, una credenza o una tradizione, ma dell’intera natura umana: rifiutare l’allattamento come gesto di maternità e di vita, come il primo pasto che permette la crescita e la continuità dell’esistenza, deriva da quel pensiero che gioca con le sorti dei figli non ancora nati, imponendo – di imposizione, di censura si tratta – folli pratiche abortistiche, e dei bambini più piccoli, la cui “formazione sessuale” diventa più importante del diritto a una famiglia. Gli eccessi di una società che, ormai, sottovaluta i diritti conquistati con fatica nei secoli precedenti e ne pretende sempre di nuovi, anche se violano non la sensibilità, ma le libertà altrui. Ed è stato uno scherzo del destino, allora, se proprio mentre la commissione dava il no all’opera, veniva imbrattata nuovamente la statua di Indro Montanelli a Milano. Si presume per opera del solito gruppo di femministe o di fautori della cancel culture che vogliono, a tutti costi, distruggere le radici su cui eleviamo le nostre esistenze.
Caro Andrea, ero e sono ora ancora più certo che quando qualche articolo fa ho avuto da ridire su alcune tue affermazioni era per una incomprensione su un tema molto difficile, che non si può trattare a colpi di accetta, non per contrasto con i valori e la sensibilità che esprimi, che condivido al 100%.
Stamattina in Duomo (di Milano) osservavo un magnifico quadro di una Madonna con Bambino, allattato al seno come nella bella scultura di Vera Omodeo. Ho detto più volte di non essere religioso, ma la bellezza dell’arte e l’umanità sono universali per chi ha sentimento.
Valori cristiani non condivisibili da chi? Dai transgender? Vergogna.
Nel 1564, un anno dopo il concilio di Trento, Papa Pio IV decise di far dipingere sul Giudizio universale di Michelangelo delle mutande a chi ne fosse stato sprovvisto, opera eseguita dal pittore Daniele da Volterra, poi soprannominato il Braghettone.
Giuseppe Sala il Braghettone bis!
Altro che progressismo.
La imbecille mentalità woke è il nuovo oscurantismo.
Aspettiamo i tribunali del popolo e la caccia alle streghe.
Ma voglio essere più ottimista.
Se non con una risata, con una risata ed un colossale calcio in c*** ce ne libereremo.
Con affetto
Alessandro