Alla fine è andata come doveva andare, ovvero nel migliore dei modi. Raffaele Fitto vola in Europa per rivestire il ruolo prestigioso e strategico per l’Italia di Vicepresidente esecutivo della Commissione europea. Questo incarico si traduce nella possibilità di gestire un portafoglio di peso e di coordinare deleghe strategiche per la nostra Nazione e per l’Europa intera: agricoltura, pesca, economia del mare, trasporti, turismo. Materie che rappresentano il cuore pulsante dell’economia italiana. Non è stata una partita facile per il Presidente del consiglio. Giorgia Meloni ha portato a casa il risultato senza scendere mai a compromesso. Non ha mai tradito sé stessa, le sue idee, quelle del partito che ha fondato e, soprattutto, degli elettori italiani che in lei hanno riposto la propria fiducia. Ha vinto la partita perché l’ha giocata con convinzione, coerenza e senza mai arretrare. Ben consapevole del risultato che voleva portare a casa. E, come sempre, la sua tenacia ha premiato lei e, con lei, l’Italia intera.
Ma facciamo un passo indietro.
A luglio scorso, con coraggio, determinazione e nonostante gli ottimi rapporti tessuti con il presidente della commissione europea, Ursula von der Leyen, Meloni ha deciso di non sostenere la sua rielezione. Lo ha fatto per coerenza visto che von der Leyen era appoggiata dai Verdi contro le cui politiche ideologiche da estremisti del Green deal, Fratelli d’Italia si è sempre battuta. L’opposizione, i soliti detrattori, il giorno dopo si erano stracciati le vesti parlando di ‘isolamento italiano’, di una ‘Italia in panchina’, di una Nazione che rischiava ‘di finire in serie B’. Meloni a testa alta e schiena dritta ha rassicurato da subito sul fatto che la decisione non avrebbe compromesso in alcun modo il ruolo dell’Italia, perché uno dei Paesi fondatori dell’Unione europea aveva il diritto di ottenere un posto di prestigio. Chi era abituato ad andare in Europa con il cappello in mano non poteva certo credere al fatto che l’Italia riuscisse a ottenere un posto al sole senza ‘barattare’, come altri erano abituati a fare.
Meloni ha poi scelto di schierare il ministro Raffaele Fitto alla commissione europea. L’uomo che ha guidato la cabina di regia sull’attuazione del Pnrr, portando l’Italia a essere la prima in Europa per rate incassate e obiettivi raggiunti, riuscendo a intessere ottimi rapporti in Europa e rimodulando il Piano in modo che neanche un euro delle risorse andasse perduto, era il migliore candidato del governo da proporre all’Europa.
E’ iniziata così la battaglia per far ottenere a lui, e per il suo tramite, alla nostra Nazione, il prestigioso incarico di vicepresidente esecutivo alla commissione europea. Fitto è stato nominato dalla von der Leyen, ha superato l’esame della Commissione europea ed è infine stato votato il 27 novembre. E’ il nostro commissario in Europa. Una battaglia vinta.
La strategia Meloni ha dimostrato a tutti che la coerenza e il coraggio pagano.
Resta in sottofondo il chiacchiericcio sterile di una opposizione che contro la nomina di Fitto si era espressa assumendo una posizione marchiata di provincialismo e dimenticando che, a dispetto delle contrapposizioni politiche interne, Fratelli d’Italia non aveva mai fatto mancare il proprio sostegno ai candidati italiani in Europa, di qualunque colore politico fossero. Alla sinistra l’ha dovuto ricordare lo stesso commissario Paolo Gentiloni. A fare appello all’unità per convincere le opposizioni a non mettersi di traverso sul conferimento dell’incarico a Fitto sono dovuti scendere in campo Romano Prodi e Mario Monti e perfino il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha dovuto dare un segnale ricevendo, prima del voto, Raffaele Fitto in Quirinale per far capire quanto fosse importante per l’Italia quel ruolo. Anche questa volta i gufi che avevano parlato di isolamento sono rimasti delusi. Anche questa volta grazie alla strategia vincente di Giorgia Meloni si è riusciti a ottenere il massimo possibile nell’interesse dell’Italia e degli italiani.