Sergio Ramelli, studente milanese nato nel 1956, militante del Fronte della Gioventù, fu brutalmente aggredito il 13 marzo 1975 da un commando di Avanguardia Operaia. Colpito ripetutamente a colpi di chiave inglese, morì dopo 47 giorni di agonia, il 29 aprile. Aveva appena 19 anni. La sua colpa? Aver espresso idee di destra in un clima di odio politico che, negli anni di piombo, si traduceva in violenza. Da allora, Ramelli è diventato il simbolo di una generazione, di un’ideologia politica ben precisa, quella della Destra.
A introdurre l’incontro è Matteo Malacrida (Gioventù Nazionale): “Abbiamo il dovere di ricordare chi prima di noi ha portato avanti le nostre idee.”
La prima a intervenire è l’On. Paola Frassinetti, Sottosegretario all’Istruzione: “Quello che è successo a Sergio poteva accadere a chiunque di noi. Un suo tema, ovviamente critico, sulle Brigate Rosse era finito nelle mani dei collettivi, e da lì è iniziata la sua persecuzione. Sergio era allegro, gioioso… l’unico difetto che aveva era che tifava Inter.” Poi precisa: “Ramelli era un consapevole militante del Fronte della Gioventù, non solo un giovane.”
Durissime le sue parole sulla gestione dei suoi funerali (assenti): “Fu uno scandalo.” E contro il sistema mediatico: “La responsabilità della morte di Sergio non fu solo degli assassini di Avanguardia Operaia, ma anche della DC e dei giornali che non dissero una parola su di noi.”
Infine, un ricordo personale: “Quando mi hanno chiesto di fare il sottosegretario all’Istruzione, ho detto: Sergio, ti porto con me.”
Malacrida richiama l’attenzione sul presente: “Nelle scuole ancora si vive una sorta di subalternità da parte di chi professa le nostre idee, e lo sanno bene i ragazzi di Azione Universitaria e Azione Studentesca.”
Il giornalista Francesco Boezi (Il Giornale) rincara: “Non credo che la sinistra voglia raccontare la verità su Sergio o sulle Foibe… voi date fastidio! Siete stati l’imprevisto storico: avete rotto un accordo cinquantennale per cui la DC lasciava la scuola alla sinistra, se non ai comunisti.” E aggiunge: “Ancora oggi nelle scuole esiste un legame tra professori e collettivi di sinistra.”
Guido Giraudo, coautore di Sergio Ramelli. Una storia che fa ancora paura, racconta: “Abbiamo voluto narrare Sergio attraverso le generazioni. Il libro vive del confronto generazionale.” Visibilmente emozionato continua: “Hanno voluto seppellirlo, ma non hanno capito che fosse un seme. La pianta è cresciuta perché l’abbiamo curata: toccherà a voi continuare a farla crescere.”
Il coautore Andrea Arbizzoni prosegue: “Quando iniziammo, nel ’97, non esisteva un libro su Sergio. Lo abbiamo scritto per cercare e raccontare la verità. Perché ricordarlo ancora oggi? Perché è un esempio di coraggio, coerenza e libertà.”
Il dibattito si fa politico con l’On. Carolina Varchi (FDI), interpellata da Malacrida:
“La storia di Sergio non l’ho conosciuta a scuola, dove dovrebbe essere insegnata, ma solo quando sono entrata in Azione Giovani. La sinistra ha sempre avuto una contorsione mentale: i morti di destra non valgono come quelli di sinistra. Per loro la libertà è solo quella di pensarla come loro.” Poi tuona: “Chi per decenni ha voluto nascondere l’omicidio di Sergio è complice.
Passando all’attualità analizza quale sia la causa del clima d’odio perpetrato dalla Sinistra: “Oggi Il problema è che loro non possono accettare il fatto che abbiamo vinto le elezioni nel 2022, e che Giorgia Meloni siede a Palazzo Chigi per fare il bene dell’Italia.”
Sul palco, accanto ai relatori, compare un oggetto insolito: un telescopio. Daniela Mussi (Presidente Associazione Fuchur) spiega: “Abbiamo deciso di intitolare una stella a Sergio, perché il firmamento non può essere deturpato.”
Il dibattito ha mostrato quanto sia ancora vivo e tangibile il ricordo di Sergio Ramelli. Spetta alla nuova generazione ora, ricordare nel tempo il coraggio, la coerenza, la libertà – per riprendere le parole di Arbizzoni – che Sergio ha rappresentato, e che rappresentano infine tutti coloro che credono in questi valori.