Alaska: spiragli veri di pace con le garanzie di sicurezza per Kiev

Per la prima volta, dall’inizio della guerra in Ucraina, Vladimir Putin ha accettato di sedersi allo stesso tavolo con l’Occidente, incarnato dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump, e di varcare i confini di un territorio occidentale quali sono l’Alaska e la sua capitale Anchorage, per discutere del conflitto russo-ucraino. Già solo questo fatto assume una certa rilevanza perché, da quando le Forze Armate della Federazione russa sono entrate in Ucraina, il capo del Cremlino non ha più incontrato in modo diretto, a parte qualche telefonata, alcun leader occidentale, americano oppure europeo, e vi sono stati contatti solo fra delegazioni di negoziatori, statunitensi e russi, come quelli avvenuti in Arabia Saudita.

Gli “stop and go” sono stati comunque tantissimi e non poco snervanti dall’inizio di quest’anno. La Russia ha alternato più volte atteggiamenti in apparenza distensivi con dichiarazioni incendiarie, affidate perlopiù a Dmitrij Medvedev, e di fatto non ha mai smesso un giorno di bombardare le città ucraine, fino ad esasperare Donald Trump, il quale settimane fa, dopo una telefonata andata molto male con il presidente russo, si è detto assai deluso dai comportamenti di Putin e, a caldo, ha sottolineato di non volere più parlare con lui. Però, è arrivato adesso il summit in Alaska che dovrebbe avere mutato, crediamo in maniera considerevole, la situazione. Nello Stato più settentrionale degli USA si è concretizzato un incontro Trump-Putin costruttivo ed utile oppure è andato in scena uno spettacolo del tutto infruttuoso? Come sempre accade, le interpretazioni dei commentatori sono e saranno diverse fra loro, ma, oltre ad aver condotto Putin a discutere in presenza della guerra, il vertice di Anchorage ha cominciato a rendere un po’ più chiare le possibili soluzioni capaci di fermare l’offensiva militare russa senza pretendere, vergognosamente, umiliazioni e rese per l’Ucraina aggredita.

In Alaska, lo si è capito, non si è deciso tutto e il percorso per arrivare ad un accordo è ancora complicato, come ha dichiarato la premier Giorgia Meloni, ma dopo il summit, la possibilità di un’intesa fra Russia e Ucraina, con il coordinamento degli USA e l’assenso europeo, è diventata concreta. Se la cessione di alcuni territori ucraini alla Russia, e non è detto che si debba trattare di tutto il Donbass, come vorrebbe Putin, dovesse rappresentare l’unica via per arrivare alla pace, diventerebbe obbligatorio predisporre delle precise garanzie di sicurezza per l’Ucraina al fine di mettere al riparo in modo definitivo la Repubblica ex sovietica da nuove ed eventuali manovre aggressive di Mosca dove un ripensamento bellico può sempre avvenire, almeno fino a quando sarà presente al comando Vladimir Putin. Infatti, se ad Anchorage il leader russo ha avanzato le proprie richieste di annessione territoriale, il presidente Trump, dal canto suo, ha messo in rilievo la necessità di garantire la sicurezza di Kiev e ha rilanciato una proposta già pensata e descritta qualche mese fa da Giorgia Meloni. Eh sì, spiace per le sinistre italiane e i loro accoliti iscritti all’Ordine dei giornalisti, che hanno quasi irriso la premier quando ha suggerito al mondo una chiara via d’uscita capace di far cessare il fuoco all’interno di un giusto equilibrio, ma anche Donald Trump, come il Presidente del Consiglio, ritiene appropriato applicare all’Ucraina, soprattutto, aggiungiamo noi, se essa dovesse cedere porzioni di territorio, l’articolo 5 della NATO, quello della mutua difesa militare fra i Paesi membri dell’Alleanza Atlantica, che andrebbe ad impegnare Stati Uniti ed Europa nella difesa di Kiev pur senza un’adesione ufficiale ucraina alla coalizione occidentale.

Del resto, Putin non può ottenere sia l’uovo che la gallina e un possibile e giusto compromesso, composto da qualche rinuncia ucraina e dall’accettazione russa di una protezione occidentale nei confronti di Kiev, è sempre stato indicato anche da noi de La Voce del Patriota, nel nostro piccolo, nel nostro piccolissimo rispetto a Giorgia Meloni e a Donald Trump. Fra poche ore la premier Giorgia Meloni, altri capi di governo europei, il leader ucraino Volodymyr Zelensky e Ursula von der Leyen, saranno a Washington per analizzare con Trump la situazione, diciamo così, post-Anchorage, e ci auguriamo che tutti i giocatori di questa importante partita contribuiscano alla conquista di quella pace giusta e duratura invocata da tanto tempo ormai. 

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Roberto Penna
Roberto Penna
Roberto Penna nasce a Bra, Cn, il 13 gennaio 1975. Vive e lavora tuttora in Piemonte. Per passione ama analizzare i fatti di politica nazionale e internazionale da un punto di vista conservatore.

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