Anche da Londra una tirata d’orecchie per Macron: “Non dubitiamo di Trump”

Sembrava che ci fosse una grande unità tra Francia e Gran Bretagna nella risoluzione del conflitto in Ucraina. Una presunta unità in virtù della quale alcune testate nostrane si era affrettate a parlare di una linea franco-britannica più avanzata rispetto a quella terza, italiana, più difficile da applicare. E la linea sostenuta da Parigi e da Londra sarebbe quella che propone trenta giorni di tregua a Kiev (senza certezze ulteriori) e l’invio di truppe europee come peacekeeping al confine con la Russia. Ipotesi su cui Giorgia Meloni ha fin da subito mostrato titubanza. Ieri la premier, intervista a XXI Secolo, ha chiuso qualsiasi possibilità di vedere soldati italiani in Ucraina: “Ho espresso varie perplessità sulla proposta franco-britannica pur ringraziando i colleghi perché penso che in questo momento chiunque faccia delle proposte fa una cosa comunque utile. Sulla proposta di invio di soldati europei avanzata dalla Francia alla Gran Bretagna l’Italia ha espresso le sue perplessità, secondo me è molto complessa nella realizzazione, non sono convinta dell’efficacia, è la ragione per la quale, come si sa, abbiamo detto che non manderemo i soldati italiani in Ucraina”.

Si scopre però che, al di là dei proclami, le fughe in avanti del presidente francese Emmanuel Macron, che ha convocato in fretta e furia una riunione a Parigi con i leader europei e che si è presentato da Trump con l’intento di parlare a nome di tutti gli Stati europei, non sono state graditissime. Anche perché i britannici hanno smentito la presenza di un accordo: “Non c’è nessun accordo su come sarebbe una tregua” dicono dal governo di Londra. “Diverse opzioni sono sul tavolo, a condizione di ulteriori discussioni con i partner americani ed europei, ma una tregua di un mese non è stata concordata”. C’è discrepanza, più netta, anche sulle considerazioni che i due Paesi hanno sull’operato di Trump. Libero ha riportato parti dei discorsi tenuti nei rispettivi parlamenti dai due primi ministri, Bayrou e Starmer. Il primo ha sostenuto che il litigio tra Trump e Zelensky alla Casa Bianca è stata “una scena scioccante, caratterizzata da brutalità e desiderio di umiliazione, il cui scopo era quello di costringere” l’ucraino “a cedere alle richieste dei suoi aggressori attraverso minacce”. L’inquilino di Downing Street, invece, ha voluto sottolineare l’“impegno costante” di Trump “per questa pace, della cui sincerità nessuno in questa Camera dovrebbe dubitare neanche per un secondo”. Insomma, il premier inglese sembra volersi distaccare dalla visione francese, che quasi dimentica il ruolo fondamentale svolto dagli Stati Uniti e da Trump nella risoluzione del conflitto, e al contempo sembra aver recepito il messaggio inviato forte e chiaro da Giorgia Meloni: “In questa fase non serve a nessuno lasciarsi andare alle tifoserie”. Non può esserci un pro-Trump e un pro-Zelensky, un pro-Usa e un pro-Ucraina. Anche perché Washington, Kiev e l’Europa condividono l’interesse comune di evitare una possibile avanzata russa, che senza il sostegno militare all’Ucraina sarebbe stata quasi certa.

Insomma, indirettamente è arrivata una piccola tirata d’orecchie al presidente francese, che nei giorni scorsi aveva anche invogliato l’Italia alle trattative: “Abbiamo bisogno dell’Italia” aveva detto Macron, invitando Meloni a “fare come Draghi”. Ma la linea italiana scelta dal primo Presidente del Consiglio donna della storia nostrana sembra essere quella di maggiore buon senso, che riesce a stare dalla parte del popolo invaso, l’Ucraina, facendo gli interessi europei e statunitensi, con l’ottimo rapporto anche personale instaurato con Donald Trump.

Resta aggiornato

Invalid email address
Promettiamo di non inviarvi spam. È possibile annullare l'iscrizione in qualsiasi momento.

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.

Leggi anche

Articoli correlati