Anche gli artisti denunciano il ‘circoletto’ del cinema italiano, Morrone: “Se la cantano e se la suonano da soli”

L’attore di fama internazionale smaschera gli artisti di sinistra: “Se davvero volete fare i rivoluzionari smettete di fare gli attori e scendete in politica”

Il vaso di Pandora del cinema italiano è stato scoperchiato, prima dall’ex ministro della Cultura Sangiuliano con la riforma del tax credit, poi dal ministro Giuli che sta mettendo fine ai soldi pubblici a pioggia per finanziare film che fanno flop al botteghino, ora sono gli stessi attori a ribellarsi ad un sistema “clientelare e stagnante” come definito da Fratelli d’Italia. Ieri sera, nella trasmissione “Belve” condotta da Francesca Fagnani, l’attore Michele Morrone si è scagliato contro le dinamiche che pervadono il cinema: “C’è un grosso pregiudizio su di me. Qui in Italia è come se per essere riconosciuti come attore devi avere l’aria del poeta maledetto, che conosce i poeti, si fa le canne, sinistroidi che hanno la boiserie pure nel culo. Io non sono così”, dichiara il protagonista del film Netflix “365 giorni” con cui ha raggiunto la fama internazionale quando gli si chiede che tipo di rapporto abbia con i colleghi italiani. E sui premi assegnati in Italia, secco risponde: “Del David di Donatello non me ne frega nulla”. Dichiarazioni che sono un antipasto del pensiero dell’attore.

Oggi sui social si esprime così: “Ciò che ho detto ieri sera al programma “Belve” è un pensiero che ho da tempo e credetemi, non sono il solo – scrive in un post accompagnato dalla canzone “Bella Ciao” -. Non mi sento parte di un cinema, quello italiano, che se la canta e se la suona da solo, pieno zeppo di pregiudizi nei confronti dei “diversi”, che se non hai studiato alla Silvio d’Amico o al centro sperimentale non sei nessuno, se non la pensi con il cuore a sinistra sei solo un fascista, se non usi scarpe Clark e non dai l’idea di essere trasandato, non sei un vero attore”. Morrone poi si rivolge direttamente ai suoi colleghi che diventano intellettuali: “Avete rotto il cazzo! Pregiudizi di artisti che fanno i finti inclusivi democratici, sinistroidi che dopo aver preso un cazzo di David si sentono Dei scesi in terra e si concedono il lusso di fare della morale di sinistra non perchè tengono veramente al loro paese, ma semplicemente perchè fa figo fare l’attore impegnato nel sociale e nella politica. Tristi e finti poeti maledetti ubriachi di Rimbaud e Baudelaire, ma con lussuosi appartamenti e villini al mare (Rimbaud non c’aveva na lira)”. Arriva poi l’attacco frontale a Luca Marinelli: “Siete più tristi delle vostre idee. Gente che ‘si sente male e ha sofferto’ per aver interpretato il ruolo del Duce, ma che, come per magia, si riprende molto bene da questo tumulto dopo aver incassato 1,5/2 milioni di euro. Patetici”. “Se davvero volete fare i rivoluzionari – aggiunge -, i Che Guevara 2.0 de noialtri, smettete di fare gli attori, lasciate stare il cinema e scendete in politica, candidatevi e provate veramente a cambiare qualcosa in questo paese, perchè dei discorsetti post premiazione David di Donatello ci siamo rotti bellamente il cazzo”. L’ultima frase è un chiaro riferimento a Elio Germano, autoproclamato portavoce delle istanze del cinema italiano che recentemente si è scagliato contro il ministro Giuli. Michele Morrone non è il primo a denunciare il “circoletto” che si è impossessato del cinema nostrano. Già l’attrice Giuliana De Sio, sempre a “Belve”, aveva parlato di “circoletto” in cui “lavorano sempre le stesse persone… ci sono poche persone, cinque o sei”. Non è solo la politica a voler mettere un freno allo spreco di denaro degli italiani per film d’autore che non guarda nessuno, anche gli artisti iniziano a scagliarsi contro il sistema di potere creato negli anni che dà voce sempre agli stessi autori: la mangiatoia è finita.

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Alessandro Guidolin
Alessandro Guidolin
Classe 1997, piemontese trapiantato a Roma. Laureato in giurisprudenza, appassionato di politica e comunicazione. “Crederci sempre arrendersi mai”

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