Alle 3 di martedì 14 ottobre, durante una perquisizione in un casolare a Castel D’Azzano, in via San Martino, sono morti tre carabinieri e 27 persone tra militari, agenti di polizia e vigili del fuoco sono rimaste ferite. La tragedia è stata causata da un’esplosione innescata dai fratelli Dino, Maria Luisa e Franco Ramponi, che abitavano nel casolare che è crollato dopo lo scoppio travolgendo le forze dell’ordine. L’intervento delle forze dell’ordine era scattato intorno alle 3 per un decreto di perquisizione legato alla lunga vicenda giudiziaria dei tre fratelli. A far detonare l’abitazione Maria Luisa, Franco e Dino Ramponi, 58, 64 e 60 anni, agricoltori con una lunga storia di difficoltà economiche e contenziosi legali alle spalle. Sembrerebbe che la causa di quello che è successo sia stata determinata dalla saturazione del gas volutamente posta in essere dalla donna che era presente nella casa e poi dall’innesco fatto volontariamente da questa donna. L’esplosione ha travolto i carabinieri che stavano salendo le scale, facendo crollare l’intero edificio. Secondo le prime ricostruzioni, i tre fratelli si erano barricati in casa e, dopo alcuni tentativi di farli uscire, le forze dell’ordine sono entrate in azione. Ma all’ingresso è stato sentito un forte odore di gas. Poi, quando la porta d’ingresso è stata aperta, l’esplosione. Già lo scorso anno i tre avevano avuto un primo scontro con l’ufficiale giudiziario, e anche in quel caso avrebbero minacciato di usare il gas per evitare lo sfratto esecutivo emanato dal tribunale di Verona. Quella volta non successe nulla di grave. La scorsa notte, invece, una tremenda esplosione ha ucciso tre carabinieri. Lo sfratto era annunciato e programmato dopo tentativi andati a vuoto negli scorsi giorni, dopo vari tentativi in cui i fratelli avevano già minacciato di farsi saltare per aria. Per questo sul posto erano arrivati, e hanno perso la vita, carabinieri dei Reparti speciali. Dino e Maria Luisa Ramponi, rispettivamente 63 e 59 anni, sono entrambi rimasti feriti nell’episodio mentre Franco Ramponi, 65 anni, avrebbe provato ad allontanarsi, ma è stato fermato nella mattinata di martedì.
Chi sono i fratelli Ramponi e perché sono arrivati a questo estremo gesto? Dino, Franco e Maria Luisa Ramponi, proprietari di un’azienda agricola storica di Castel d’Azzano, erano sul lastrico e su di loro pendeva una procedura di sfratto. I fratelli erano infatti soggetti già noti alle forze dell’ordine perché quasi un anno fa avevano già minacciato di farsi esplodere insieme alla loro azienda. Infatti, nell’ottobre e nel novembre del 2024 c’erano già stati due tentativi di sgombero nel casolare e con identica modalità di oggi (la casa saturata di gas) i tre fratelli avevano provato a farsi esplodere.
I fratelli Ramponi hanno sempre sostenuto di essere stati “ingannati” e che la sentenza del Tribunale che li sfrattava dal casolare era sbagliata. La vicenda nasce da un mutuo che avrebbero sottoscritto nel 2014, con l’ipoteca di campi e casa. I tre avevano però sempre affermato di non aver mai firmato i documenti per il prestito, e che anzi le firme erano state contraffatte. L’iter giudiziario era però arrivato fino alla decisione di esecuzione dell’esproprio. Gli stessi vicini di casa dei tre fratelli hanno raccontato che tutti erano a conoscenza della situazione disastrosa. Avevano perso tutto ormai e vivevano senza corrente, senza gas, come dentro a una grotta. Ora che gli avevano pignorato tutto i tre fratelli avevano raccontato ai vicini che “piuttosto che lasciare casa si sarebbero fatti saltare in aria”. Sempre i vicini confermano il quadro disperato dei tre che “lavoravano di notte e dormivano di giorno. Avevano inoltre montato un faro potentissimo nel campo per poter accudire le mucche in piena notte. Nessuno li vedeva e nessuno sapeva perché vivevano con il poco latte che ricavavano dalle mucche”.
Sul luogo è arrivato anche il procuratore capo di Verona, Raffaele Tito, che ha dichiarato che per i tre l’arresto “è per omicidio premeditato“. Ma, ha aggiunto, “stiamo valutando anche il reato di strage“. “Avevo delegato la perquisizione alla ricerca di bottiglie molotov perché, grazie ai carabinieri, avevamo delle foto dalle quali si vedevano queste molotov sul tetto”, ha aggiunto il procuratore. Solo qualche giorno fa, alla fine del mese di settembre, i tre avevano minacciato “il custode giudiziario che era stato delegato alla vendita dell’immobile dal giudice civile” e “uno di loro ha detto che si sarebbe fatto esplodere”. “È questo il motivo per il quale era stata autorizzata la perquisizione della casa”, ha affermato Tito. ll Veneto e l’Italia intera piange il sacrificio dei carabinieri Marco Piffari, Davide Bernardello e Valerio Daprà, che hanno perso la vita nello svolgimento del loro servizio. A testimonianza del profondo cordoglio di tutta la comunità, la sindaca Elena Guadagnini ha proclamato il lutto cittadino a Castel d’Azzano fino alle 23:59 di domenica 19 ottobre. La comunità locale si è stretta attorno alle famiglie e ai congiunti delle vittime. Un abbraccio di vicinanza è stato espresso anche ai feriti delle forze pubbliche intervenute nell’operazione, che come ogni giorno hanno messo a rischio la propria vita per il bene della comunità. Il presidente della Regione Veneto Luca Zaia ha firmato il decreto che proclama il lutto regionale per tre giorni e per il giorno in cui saranno fissate le esequie dei carabinieri caduti. In questi giorni, è previsto che su tutto il territorio veneto le bandiere vengano esposte a mezz’asta nelle sedi istituzionali, in segno di rispetto e omaggio. Il governo ha dichiarato per il giorno dei funerali dei carabinieri Marco Piffari, Davide Bernardello e Valerio Daprà il lutto nazionale. La presidente del consiglio Giorgia Meloni ha chiesto che il Parlamento osservasse un minuto di silenzio.