Arriva la Legge “Concretezza”, e tutti speriamo che sia davvero concreta, seria e valida. Ad essere più che soddisfatta il ministro della Pubblica Amministrazione Giulia Bongiorno, che annunciandola, dice: “Fino ad oggi la facevano franca in troppi, ora con le impronte digitali e la videosorveglianza preveniamo il fenomeno. E’ finita l’epoca delle truffe”, poi aggiunge: “la legge prevede la drastica riduzione dei tempi delle procedure concorsuali, nuove risorse in settori strategici e aiuti alle amministrazioni in affanno”.
Il ministro parla a ruota libera, forse perché davvero questa legge le dà l’idea che qualcosa sta per cambiare drasticamente, in meglio una volta tanto. Dice: “Sistema di fraudolenta solidarietà per timbrare? Se fosse riscontrato quanto emerge dalle indagini sarebbe gravissimo! Con le impronte digitali stop ai truffatori e alla ‘fraudolenta solidarietà”. Forse si metterà un argine alla vergogna di chi timbra per gli altri, frodando la pubblica amministrazione ma soprattutto rubando a chi avrebbe voglia di lavorare ma un lavoro, nemmeno modesto, l’ha mai avuto. Così la mente va subito all’ultimo caso di frode salito alla ribalta, i furbetti di Molfetta, ridente centro in provincia di Bari, che le timbrature fasulle le facevano in ospedale. E’ stata un’inchiesta della Guardi di Finanza a smascherare gli ultimi furbetti in ordine di tempo, che ha procurato 30 indagati e portato 12 persone in carcere.
Tutto accadeva all’ospedale “Don Tonino Bello” appunto di Molfetta. Nell’inchiesta, oltre a qualche nome altisonante, figurano tra gli indagati dirigenti, personale paramedico, impiegati amministrativi, tecnici manutentori nonché un soggetto esterno all’azienda sanitaria. I reati contestati sono di truffa aggravata ai danni di ente pubblico, falsità ideologica commessa da pubblico ufficiale, abuso d’ufficio e peculato. In pratica tra indagati e reati, il panorama è di quelli a 360°, dove non manca nulla compreso chi, come il direttore generale della Asl di Bari, Antonino Sanguedolce, si sbriga a chiamarsi fuori da questa storiaccia sottolineando che la Asl è parte offesa e che ha collaborato alle indagini fornendo tutto quanto era stato richiesto dagli inquirenti. E ci sarebbe mancato solo che non fosse andata così!
Adesso, però, con la legge appena varata, si vedrà di colpire i furbetti a monte, quando commettono il reato e non quando per caso ci si rende conto di quello che è accaduto. Videoripresa e impronta digitale sbaraglieranno il problema. Il dipendente pubblico dovrà mostrare il dito per aprire la porta dell’ufficio il tutto sotto l’occhio attento di una telecamera. La legge parla di “verifica biometrica”, che potrebbe passare teoricamente anche attraverso il controllo dell’iride ma il ministro della P.a, madre del provvedimento, ha sempre insistito sulle impronte digitali. Un po’ perché i macchinari per il controllo dell’iride sono sicuramene più costosi, un po’ perché si vuole evitare di trasformare l’ingresso nei ministeri o più in generale negli uffici pubblici in una sorta di “mission impossible”. Per evitare anche che si torni a parlare di violazione della privacy e si vada a un nulla di fatto, tutti i dati verranno criptati così da assicurare la massima riservatezza. Ciononostante, qualche mal di pancia si è registrato dalle parti del Garante della privacy, che comunque ha espresso alcune critiche.
Da questi controlli restano esclusi gli insegnanti per i quali fa fede il registro di classe, ma non i presidi, anche se per loro sarà richiesto un apposito decreto. Esclusi anche i lavoratori “non contrattualizzati”, dai magistrati ai prefetti, che rispondono ad altre regole… Speriamo ancora per poco, magari grazie a una bella riforma.