Ascolto, proposta, azione. Così la Meloni detronizza Conte.

Se la prima ondata di Covid-19 ha investito l’Italia di sorpresa, consegnando a Giuseppe Conte un’inaspettata e inquietante occasione d’oro per tenere in mano le chiavi della Nazione, sei mesi dopo, con l’arrivo della seconda tempesta di virus cinese (stavolta ampiamente prevista), gli italiani hanno scelto senza mezzi termini di trasferire la loro fiducia decisamente altrove.

I sondaggisti lo hanno chiamato «ribaltone». E in effetti ciò che è stato fotografato nei giorni scorsi da Emg-Aqua ad Agorà, per quanto si tratti di un sondaggio, segna un passaggio storico: Giorgia Meloni è la più stimata dagli italiani, e lo è scalzando proprio Conte dal trono assegnato ai campioni di popolarità.
In piena crisi di ritorno (del coronavirus) e con una tensione sociale alimentata dall’iniquità delle scelte del governo, la leader di Fratelli d’Italia ha raccolto un risultato storico (primo esponente di destra ad ottenere un riconoscimento del genere e prima donna in assoluto a essere consacrata da un pubblico così vasto) maturato, nei giorni più drammatici della nuova aggresione del coronavirus, perché in perfetta controtendenza rispetto al moto tentennante dimostrato da Conte.

Proprio questo – come ha spiegato lei stessa presentando le «cinque proposte» maturate assieme ai ceti produttivi nel presidio permanente sotto Montecitorio – è l’ultimo ingrediente che spiega questa sua affermazione che viene da lontano: da una parte ci sono state «le scelte politiche del premier orientate a compiacere la curva dei sondaggi», dall’altra «le misure politiche maturate per affrontare la curva dei contagi».

Da una parte, quindi, un governo che ha dilapitato il sacrificio del primo lockdown per specchiarsi narcisisticamente in un astratto e fallace “modello Italia”; governo che adesso corre ai ripari ancora sulla pelle degli italiani restituendo opacità e poca trasperanza sui dati e sugli scenari che (non) giustificano le sue incomprensibili e inique scelte. Dall’altra vi è stato il lavoro continuo del destra-centro sull’agenda sociale ed economica dell’Italia produttiva e il richiamo alla centralità del Parlamento come “gabinetto di guerra” contro il Covid; prassi e tesi rilanciate proprio da una leader di opposizione che intende inchiodare l’esecutivo e la maggioranza sull’unico tavolo legittimato dai cittadini: l’Aula dei delegati.

È qui che si dovrà misurare la sostenibilità delle parole del premier che ha offerto alle forze di opposizione l’ennesimo e intangibile «tavolo di confronto». Bene, quel “tavolo” la madrina dei conservatori lo ha materializzato letteralmente in piazza, ascoltando centinaia di addetti ai lavori che hanno consegnato un pacchetto di proposte (qui il link del dossier) sulle quali Conte & co dovranno dimostrare aperture concrete in sessione di Bilancio e nel dibattito sui vari decreti di emergenza.
Certo, le prime avvisaglie non sono delle migliori: la bozza della Finanziaria – che arriva in Aula con grave ritardo e quindi con un dibattito strozzato ab origine – prevede pochi spiccioli per le misure anti-Covid e sarà necessario l’ennesimo scostamento di Bilancio. Ma proprio questo incrocio si rivelerà la cartina di tornasole del governo: ogni provvedimento, ha annunciato la leader di FdI, sarà passato a setaccio ma soprattutto non si potrà prescindere dall’approvazione delle misure «che tendono ad assicurare la continuità del sistema delle imprese».

Tradotto: niente più trucchetti per Conte, niente tagliole sugli emendamenti (salvo poi rubarne tardivamente i pezzi), niente convocazioni show in un set. Si sta in Parlamento a metterci la faccia. Perché la realtà ha anticipato la mappa colorata con cui il premier scarica le responsabilità nuovamente sui cittadini, cercando di prendere ancora tempo per dissimulare la situazione: «Anche se loro lo chiamano diversamente – ha attaccato stamane la leader di FdI –, si sta arrivando a un nuovo lockdown del Paese». Ma tutto ciò si sarebbe potuto evitare «se d’estate il governo si fosse occupato di allestire contromisure per la prevedibile seconda ondata. Mentre noi parlavamo di Covid, loro ci davano degli “irresponsabili” e discettavano di legge elettorale», ha concluso Meloni. La realtà, dunque, ha svelato buchi e responsabilità. Ecco perché gli italiani – che ci vedono benissimo – hanno “ribaltato” la loro fiducia.

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