Atreju e Fenix, futuri paralleli

Quand’ero ragazzo (quindi non molto tempo fa) il traguardo dei 14 anni era importante per via del motorino: anch’io aspettai con ansia quel giorno, ma per andare a iscrivermi al Fronte della Gioventù. La verità è che il nostro senso di appartenenza è una sorta di vocazione: o ce l’hai o non ce l’hai e, se hai la fortuna di nascerci, lo vivi ogni istante della tua esistenza senza essere minimamente sfiorato dal dubbio che sarebbe stato più facile omologarsi.

Col cavolo, che si omologhino gli altri!

Perché essere militanti di destra significa anzitutto una cosa: ragionare con la propria testa e, quindi, essere fisiologicamente antitetici ai farneticanti fanatismi di pensiero unico e politicamente corretto.

Abbiamo radici profonde, ma siamo senza padroni: mai e poi mai accetteremmo di essere finanziati dal Soros di turno, né tanto meno lui e altri esponenti dell’establishment globalista si sognerebbero di provarci, perché sanno che siamo anime libere che le catene – in qualsiasi forma – le spezzano, anziché spacciarle per ali.

Non si tratta di vuota retorica da quattro soldi dispensata come sostitutivo di valori inesistenti ma, al contrario, di constatazioni oggettive riguardo alla Comunità politica che lo scorso 25 settembre è riuscita nell’impresa di conferire alla Nazione una guida finalmente scevra da giochi di palazzo e all’altezza delle sfide del nostro tempo: quella di Giorgia Meloni, che ci è riuscita proprio perché ha sempre preferito la coerenza alle scorciatoie.

Da quel giorno niente è più come prima, nemmeno per Fenix, che arriva a cavallo di uno snodo cruciale dal punto di vista sociale, economico e politico portando sul palco al Laghetto dell’Eur una classe dirigente che rappresenta la sintesi perfetta tra generazioni – Atreju e Fenix – vicine ma pur sempre diverse: futuri paralleli che si sono incrociati in un unico destino.

Buon Fenix a tutti.

Roscani (FdI): torna Fenix, la festa nazionale della destra giovanile

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Alessandro Nardone
Alessandro Nardone
Consulente di marketing digitale, docente alla IATH Academy, è autore di 9 libri. È stato inviato di Vanity Fair alle elezioni USA dopo aver fatto il giro del mondo come Alex Anderson, il candidato fake alle presidenziali americane del 2016.

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