La vita spezzata di Giulia Tramontano e il piccolo Thiago. L’omicidio di Mariella Marino a Enna. Lo stupro di massa a Palermo. Le due cuginette violentate a Caivano. Questi sono solo alcuni degli episodi di violenza verificatisi nell’arco delle ultime settimane e che drammaticamente non sembrano arrestarsi, colpendo l’opinione pubblica e portando sulle prime pagine uno dei più rilevanti problemi che affliggono il nostro Paese.
Qui non si tratta solamente di un problema di sicurezza interna, ma tutto ciò fa emergere una vera e propria crisi sociale e culturale, a cui occorre porre rimedio. Per combattere questa piaga, non è solamente necessario che vi sia una ‘nuova’ educazione, partendo dai più giovani, ma anche il ruolo dello Stato appare significativo.
Su questo il Governo Meloni è in prima linea, e ha già attuato delle norme più stringenti per combattere questa violenza dilagante, soprattutto nei confronti delle donne. Tanto che sono state introdotte delle modifiche al codice penale per velocizzare i processi, anche nella fase cautelare, ma non solo. sono infatti stati rafforzati l’uso del braccialetto elettronico e delle misure cautelari, nonché è stata introdotta la sospensione condizionale della pena e introducendo una provvisionale a titolo di ristoro «anticipato», in favore della vittima o, in caso di morte, degli aventi diritto che vengano a trovarsi in stato di bisogno.
Non solo, perché è stato anche proposto di portare nelle scuole testimonianze reali delle vittime di violenza. Il processo di rieducazione è però lungo e necessita di tempo per poter produrre dei risultati stabili. Per sconfiggere la violenza e rendere più sicuro per tutti il nostro Paese serve uno sforzo congiunto tra istituzioni e società civile. Serve che le istituzioni siano presenti sul territorio, attraverso un’azione che coniughi prevenzione, protezione e certezza della pena. Rieducare la società e riammodernare la giustizia per rispondere alle necessità di questo tragico presente richiede necessariamente del tempo, perché le azioni da mettere in campo riguardano molti e diversi fronti. Ma ciò che sin da ora deve essere chiaro è che le donne non sono sole, che la società e lo Stato le sostengono, soprattutto quando sono più fragili.
Lo Stato in questo svolge un ruolo primario ed è per questo che deve riacquisire la propria solidità sul territorio e la propria autorità, aiutando anche a far fronte a quella mancanza di educazione, di cultura e di rispetto sempre più dilagante. Deve ripristinare il proprio ruolo, non solo giuridico e istituzionale, ma anche e soprattutto sostenendo quella rivoluzione sociale e culturale che l’Italia deve necessariamente sperimentare per divenire non più Paese in cui le donne muoiono, ma in cui le donne possono vivere la propria libertà senza paure.
E’ tutto giusto, ma credo non sia sufficiente.
Viviamo ancora in un contesto legislativo utopistico, nel quale si è persa di vista la finalità prima delle leggi penali, come se in fondo il delinquente sia una “vittima di questo mondo” (De André insegna) e la vittima in qualche modo qualche colpa ce l’abbia sempre.
Lo scopo principale del carcere non è quello di “rieducare i condannati”, questa è la finalità secondaria.
La prima finalità è di tutelare gli innocenti impedendo che i colpevoli ripetano i reati a danno di altri innocenti.
C’è una associazione esemplare per rappresentare questa assurda inversione logica: quella denominata “nessuno tocchi Caino”.
E se cominciassimo a impedire che qualcun tocchi Abele?
Le persone che si macchiano dei delitti di cui sono purtroppo piene le cronache non hanno alcuna possibilità di essere rieducate. Lasciamo questa speranza all’infinita misericordia divina, ma non alla legge.
L’unica morale che questi criminali avvertono è quella della forza. Devono avere paura di fare quello che fanno. E’ l’unico mezzo per riportare la sicurezza per gli innocenti.
Chi commette questi reati, per di più se minorenne, sa che la vita rovinata è quella delle vittime, non la loro, che in pochi anni saranno di nuovo liberi di dare corso alle loro attività delittuose. Se minorenni non avranno praticamente alcuna sanzione.
Infatti spesso la criminalità arruola minorenni. Perchè a 14 anni una persona può andare a lavorare ma non andare in galera se commette un grave reato?
La legge, ma anche la magistratura, sottovaluta enormemente il pericolo rappresentato dalle persone violente. Persone più volte denunciate restano libere di continuare ad offendere, perchè sottoposte a sanzioni ridicole, praticamente ammonizioni a non farlo più!
Chi denuncia ha sempre più paura del denunciato.
Credo sia necessaria una svolta drastica nel trattamento penale di chi commette questi reati, ed una svolta drastica nel comportamento dei magistrati, che devono essere ritenuti corresponsabili dei delitti commessi da persone che hanno usufruito della benevola discrezionalità degli stessi nel conferire sconti di pena e libertà per “buona condotta”.
Il resto sono chiacchiere.
Con affetto
A.