C’è chi siede nei Consigli di Amministrazione universitari per rappresentare tutti gli studenti, nel rispetto del pluralismo democratico. E poi c’è Chiara Tumicelli, studentessa della facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Trento, protagonista in queste ore di un caso abbastanza inquietante. Il suo nome è legato a due eventi che, per gravità politica e simbolica, dovrebbero sollevare un serio dibattito nazionale sull’idoneità morale e istituzionale a rappresentare una comunità studentesca.
In primo luogo, Tumicelli è stata tra le principali firmatarie – e promotrici – di una petizione volta a chiedere la revoca dell’accreditamento universitario di Azione Universitaria, l’unico movimento studentesco chiaramente identificabile con la Destra. Il motivo? Praticamente nessuno, se non il solito pretesto ideologico: impedire il confronto, eliminare dal dibattito universitario qualunque voce “non allineata” all’egemonia di sinistra. È lo stesso monologo che si ripete da anni, anzi decenni, in certi ambienti: ci si riempie la bocca di “democrazia”, ma si pratica sistematicamente l’intolleranza verso l’avversario politico. Si invoca la libertà, ma solo quella che fa comodo.
Ma non finisce qui. Ciò che rende il caso Tumicelli ancora più grave è quanto emerso pubblicamente: la studentessa compare in alcune foto con una maglietta riportante il simbolo delle Brigate Rosse, e avrebbe condiviso contenuti “inneggianti” al sequestro e all’uccisione di Aldo Moro, l’eccidio più tragico e simbolico della stagione del terrorismo rosso (ha mostrato una foto di una vettura rossa che richiama una Renault 4, la stessa dell’omicidio Moro, con ritratta una persona, forse lei stessa, riversa come a riprodurre la macabra scena nel baule aperto). Un gesto che non è semplice folklore politico, ma apologia implicita di terrorismo.
La domanda è semplice: è compatibile con il ruolo di rappresentante studentesco – e ancora di più con la partecipazione al CdA di un’università pubblica – una figura che inneggia a gruppi armati responsabili di omicidi, attentati e azioni eversive contro la democrazia? Se la risposta non è un immediato e secco “NO”, allora vuol dire che il sistema universitario italiano ha davvero smarrito la bussola del buonsenso.
E pensare che solo qualche settimana fa si parlava con sgomento di un docente che aveva pubblicamente augurato la morte alla figlia della Presidente del Consiglio. Oggi ci troviamo davanti a un caso forse ancora più inquietante: una studentessa – non una qualunque, ma una rappresentante istituzionale – che legittima l’azione di una delle più sanguinose e barbare organizzazioni terroristiche del ‘900. Con l’aggravante che, mentre chiede di zittire Azione Universitaria, si erge a paladina della democrazia. Ma che democrazia è quella che vuole censurare l’avversario e contemporaneamente inneggia alla violenza politica?
Azione Universitaria non si lascerà intimidire. La forza del movimento sta nella coerenza delle sue battaglie e nella chiarezza della sua visione politica. Non saranno certo gli attacchi di una sinistra radicale e autoreferenziale a cancellare l’impegno quotidiano di migliaia di studenti che credono nel merito, nella libertà e nella responsabilità.
Serve però una reazione istituzionale chiara. Le università non possono tollerare l’ingresso di rappresentanti che giustificano la violenza armata. È necessario che l’Università di Trento valuti seriamente l’opportunità che una figura come Tumicelli continui a rappresentare gli studenti all’interno del CDA. Perché la libertà di pensiero ha un limite: quello oltre cui inizia la legittimazione dell’odio e del terrorismo.
Tumicelli non è un “unicum”. È il simbolo di un clima che si respira da troppo tempo negli atenei italiani: un clima di intimidazione ideologica, in cui chi non è “di sinistra” è automaticamente da escludere, da censurare e da delegittimare.
Ma il vento sta cambiando. Lo dimostrano i risultati delle ultime elezioni del CNSU, dove Azione Universitaria, con un risultato straordinario, è cresciuta in voti, in rappresentanza e in consenso.