Calcio a 5: la replica di OPES – “In Campo Diversi Ma Uguali”

“In Campo Diversi Ma Uguali” è un progetto di promozione sociale che si prefigge di raggiungere grandi obiettivi: ribaltare gli stereotipi legati ai ruoli delle donne e degli uomini, contrastare la cultura della violenza e annullare il divario di genere, in ambito sportivo e non solo.

È realizzato da OPES, Divisione Calcio a 5, Associazione Internazionale Cooperazione per l’Educazione nel Mondo e Sport Senza Frontiere ONLUS in 4 regioni (Toscana, Lazio, Campania e Sicilia) e sta coinvolgendo gli studenti degli Istituti Secondari di secondo grado e le associazioni sportive dei vari territori, con l’intento di favorire una società più aperta ed inclusiva.

Una strumentalizzazione, come quella a cui abbiamo assistito, rappresenta soltanto una palese assenza di conoscenza della materia e del settore che, per di più, prende spunto da un documento equivoco e di dubbia provenienza, di cui non siamo a conoscenza.

Chiunque si fosse avvicinato anche solo occasionalmente al mondo del terzo settore, del volontariato e della promozione sociale e sportiva sa che progetti come “In Campo Diversi Ma Uguali” si fondano su due principi cardine: la qualità della rete associativa e la competenza specifica delle organizzazioni che partecipano, che non può che risiedere nelle donne e negli uomini che vi hanno aderito. Tanto è vero che molto spesso, come nel caso del progetto “In Campo Diversi Ma Uguali”, è fatta specifica richiesta dagli Enti valutatori di indicare i curriculum vitae delle persone che realizzeranno il progetto in caso di finanziamento e che tali curricula, insieme a quelli delle associazioni del partenariato, contribuiscono in maniera determinante alla valutazione dei progetti.

Per questo motivo il CV del Dott. Marco Perissa, professionista di comprovata esperienza nell’organizzazione di eventi e nella direzione di progetto, era espressamente menzionato all’interno del gruppo di lavoro, già in sede di proposta progettuale, per lo svolgimento di mansioni distanti e distinte da quelle previste dallo Statuto dell’Ente per la funzione di Presidente nazionale.

Ecco perché risulta ridicolo essere oggetto di una contestazione sull’opportunità di essere risultati coerenti fra le dichiarazioni rese in fase di progettazione e la realizzazione delle attività.

“Ho letto attonito – afferma il Dott. Marco Perissa – un maldestro tentativo di gettare ombra sull’Organizzazione che mi onoro di rappresentare e, con ferma determinazione, devo ribadire che l’attività quarantennale di OPES, svolta sempre all’insegna della trasparenza e che ha come missione la gestione di un programma sostenibile di sviluppo di promozione sportiva, sociale e culturale che generi valore per la persona e per la comunità, non può essere messa in discussione da chi, invece di valorizzare la nostra opera, decide di strumentalizzare alcune presunte informazioni in maniera del tutto approssimativa e irrilevante. Sono fiero del compito che i nostri volontari ogni giorno assolvono sul territorio, in Italia e all’estero. Sono sicuro che le procedure adottate nella gestione del progetto rispettino la normativa vigente e, soprattutto, siano coerenti con il piano economico approvato e condiviso con i partner.

Fin dalla redazione della proposta progettuale ho messo a disposizione serenamente le mie competenze, poiché non sussiste alcuna sovrapposizione tra l’incarico istituzionale che ricopro a titolo onorifico e le mansioni che sono stato chiamato a svolgere sotto un profilo meramente professionale. Inoltre, ci tengo a rivendicare un principio: chi ricopre incarichi di rappresentanza e di responsabilità a titolo onorifico in una qualunque associazione, se talvolta, mette a disposizione le proprie competenze professionali in mansioni differenti rispetto a quelle dell’incarico ricoperto, è giusto che venga retribuito per quelle attività.

Affinché questo principio venga meno, non è sufficiente un articolo pubblicato su un giornale ma una legge che lo impedisca. Ma se questa legge venisse mai approvata, allora crollerebbe l’intero sistema cooperativistico e associativo che in Italia è chiamato ad occuparsi di sussidiarietà verso le fasce più a rischio.

Mi piacerebbe vedere quel giornalista spiegare questo concetto alle diverse centinaia di migliaia di associazioni che ogni giorno danno vita ad un vero e proprio sistema di welfare integrativo. Infine, siamo certi che le altre organizzazioni di “In Campo Diversi Ma Uguali” potranno dare conferma della solidità, della bontà e della coerenza documentale del progetto”.

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