Calcio e mafia, condanne per i capi ultras di Milan e Inter. Melchiorre: “Non sono tifosi ma delinquenti”

10 anni a Lucci e Beretta. Il senatore FdI e membro del Comitato sulle infiltrazioni mafiose nello sport, Filippo Melchiorre, a “La Voce del Patriota”: “Non avere paura di denunciare per rendere trasparente il sistema”

Le condanne

Arrivano le condanne per gli ultras invischiati nell’inchiesta ‘Doppia Curva’ della procura di Milano, accusati di associazione per delinquere, omicidio e tentato omicidio. Il Tribunale di Milano ha inflitto le pene più severe ai due capi ultrà di Inter e Milan, Andrea Beretta e Luca Lucci: 10 anni ad entrambi. Luca Lucci, capo indiscusso della curva Sud del Milan, con affari che andavano dallo spaccio di droga alla vendita di biglietti, gadget e addirittura un franchise di barberie e studi di tatuaggi, è stato condannato dalla giudice Rossana Mongiardo. Dieci anni in primo grado per associazione a delinquere e  per essere il mandante del tentato omicidio dell’ultrà milanista Enzo Anghinelli, possibile rivale nella gestione degli affari loschi della curva. Stessa sentenza per Andrea Beretta, uno dei capi della curva dell’Inter, condannato per associazione a delinquere e per l’omicidio di Antonio Bellocco avvenuto il  4 settembre 2024, erede della famiglia di ‘Ndrangheta dei Bellocco. Il boss si era trasferito a Milano dopo che i capi della curva dell’Inter, Beretta e Ferdico (vice di Beretta e condannato a 8 anni) avevano chiesto protezione all’ndrangheta per mantenere il controllo del tifo organizzato. Dopo un iniziale accordo di collaborazione Bellocco, juventino sfegatato, voleva prendersi il controllo totale della curva interista e soprattutto di tutto quello che girava intorno: bagarinaggio, merchandising, parcheggi, bancarelle fuori dallo stadio i cui proprietari dovevano pagare un pizzo ai capi curva per mantenere il posto. Da qui i primi screzi tra Bellocco e Beretta, fino all’omicidio dell’ndraghetista da parte di Beretta che ha scoperchiato il vaso di Pandora sulle infiltrazioni mafiose negli stadi. Pena ridotta dato che Beretta è diventato un collaboratore di giustizia. Alle condanne dei due plenipotenziari del tifo organizzato milanese si aggiungono quelle per i loro sodali: tutti condannati nell’inchiesta dei pm Sara Ombra e Paolo Storari, compreso Christian Rosiello, ex bodyguard del cantante Fedez, ritenuto parte dell’associazione a delinquere. Dovranno anche risarcire le società Milan e Inter per danni patrimoniali e di immagine.

“Non sono tifosi ma delinquenti – dice a “La Voce del Patriota” il senatore di Fratelli d’Italia, Fillippo Melchiorre -. Con lo sport non centrano nulla. Massimo della pena per chi sbaglia. Il diritto al sogno del tifoso vero viene infranto quando ci sono questi episodi. È una questione di etica che deve prevalere su tutto e deve essere al centro del sistema calcio”, afferma il componente della Commissione antimafia.

La requisitoria del pm

Secondo il pm Paolo Storari le accuse comprendono la partecipazione a un’associazione a delinquere collegata alla Curva, nonché episodi riconducibili a lesioni, aggressioni a steward, danneggiamenti di locali pubblici e atti di violenza avvenuti tra il 2018 e il 2024. Contestati anche reati di resistenza a pubblico ufficiale, estorsione e possesso di armi improprie come coltelli, tirapugni e passamontagna. Per il pubblico ministero le curve erano diventate “posti extraterritoriali”, e questi gruppi ultras erano diventati “milizie private” che “con un proprio capo, una propria struttura gerarchica, un proprio territorio, e proprie regole comminano sanzioni nei confronti dei sottoposti che non le rispettano, elargivano premi e privilegi, e avevano un proprio patrimonio nei ricavi da vendita di biglietti e merchandising”. Questo era accaduto – ha infatti affermato il pm Storari nella requisitoria – anche in conseguenza dei “rapporti che non solo le due società, ma pure le strutture statali deputate alla repressione dei reati”, avevano a tratti ritenuto di avere con gli ultrà del tifo organizzato, pensando così le squadre di poter mantenere il quieto vivere intorno ai calciatori, e forze dell’ordine e magistratura di poter gestire l’ordine pubblico con minori rischi.

I rapporti con società di calcio, istituzioni e politica

Un errore, sostiene il pm, perché questi “rapporti con istituzioni e con la società calcistica hanno generato negli imputati una sorta di legittimazione” a veder “garantita lesigenza di essere rispettati e riconosciuti come legittimi interlocutori dalle società e anche da forze di polizia e altri organismi istituzionali”, e hanno indirettamente favorito lo scivolamento progressivo in “una sorta di zona franca dove gli altri attori che operano allo stadio Meazza non dovrebbero entrare”. Tra questi rapporti sono ricomprese “le continue interlocuzioni con gli esponenti del tifo organizzato da parte di ambienti istituzionali anche per la gestione dell’ordine pubblico”, il fatto che gli stewart non possano mettere piede in curva, il “senso di ingiustizia con cui gli imputati vivono i momenti repressivi dell’autorità giudiziaria”, “l’omertà riscontrata nelle vittime degli ultrà conseguente alla intimidazione che genera il vincolo associativo”, il “patto di non belligeranza tra le due tifoserie stipulato quasi fossero una sorta di organismo statale che delimita i propri confini con altri organismi statali”. Al punto che “la legittimazione fornita ha fatto sì che i capi delle milizie private fossero diventate persone degne di ogni considerazione, quasi i ‘capi di Milano’, a cui ci si poteva rivolgere per ogni problema o necessità anche al di fuori del contesto stadio (come è in effetti avvenuto, basti pensare ai rapporti tra Lucci e Fedez)”.

È proprio sulla necessità di denunciare questi soprusi che insiste Il Comitato, formato all’interno della Commissione Antimafia, che si occupa delle infiltrazioni mafiose nello sport: “Stiamo facendo un lavoro importante con il presidente Colosimo per sancire un principio: sport etico sia sul campo sia fuori. Il senso del Comitato è di coltivare la cultura dello sport sano”, sottolinea Melchiorre, membro del Comitato.

2 anni e 2 mesi anche a Gherardo Zaccagni, il re dei parcheggi intorno allo stadio San Siro che ha patteggiato sulle accuse: concorso in accessi abusivi e “corruzione tra privati”, contestatagli con il politico Manfredi Palmeri, già consigliere comunale di Milano e ora consigliere in Regione Lombardia. Palmeri, il cui processo inizierà dopo l’estate, avrebbe ricevuto compensi e utilità da Zaccagni in cambio della concessione dei parcheggi fuori San Siro in occasione di partite e concerti. Zaccagni, durante gli interrogatori, sostiene di aver “corrisposto utilità, tra cui un servizio di volantinaggio attraverso i miei dipendenti in occasione della campagna elettorale regionale del 2023”, e un quadro da 10mila euro  ritrovato in casa del politico, “affinché Palmeri perorasse la mia causa nei vari settori in cui lui era inserito, e in particolare nell’ambito dei parcheggi. Palmeri era in “M-I Stadio””, concessionaria per la gestione e l’uso dello stadio Meazza e compartecipata alla pari da Inter e Milan. “In buona sostanza ho fornito queste utilità a un politico perché lui facesse una sorta di endorsement nei miei confronti nei settori di sua competenza che potevano interessarmi”. Palmeri ha sempre respinto l’accusa: “Non avevo titolo o potere per assegnare alcunché, tanto meno ho fatto favori io ad un operatore che da anni era stato scelto da entrambi i club proprio per arginare le interferenze nella gestione dei parcheggi dello stadio”.

“Bisogna rendere il sistema meno opaco. Ribadisco la necessità di denunciare ed eliminare l’omertà che favorisce le mafie. Con il presidente della commissione Antimafia, Chiara Colosimo, lavoriamo per fissare regole stringenti così da rendere la scatola calcio più trasparente”, conclude il senatore Melchiorre.

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Alessandro Guidolin
Alessandro Guidolin
Classe 1997, piemontese trapiantato a Roma. Laureato in giurisprudenza, appassionato di politica e comunicazione. “Crederci sempre arrendersi mai”

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