Centinaia di migliaia di cittadini (400.000 solo a Roma) sono stati vittima di un equivoco ingenerato dalle amministrazioni, dai giudici e dai legislatori e lo hanno pagato a caro prezzo.
Finalmente dei parlamentari, l’Onorevole Giorgia Meloni e i Senatori Marsilio e Fazzolari di Fratelli d’Italia, si occupano dei malcapitati depositando una proposta di legge per riportare chiarezza ed equita’.
Ma proviamo a capire meglio cosa e’ successo. Fin dagli anni ‘60, in un groviglio inestricabile di norme sovrapposte e incrociate nel corso del tempo, si è stratificata la disciplina per la costruzione e la rivendita di immobili su aree destinate dai comuni all’edilizia residenziale popolare.
Poiché i beneficiari delle aree godevano di una agevolazioni economica, la regola era che essi non avrebbero dovuto rivendere detti immobili al valore di mercato per evitare pratiche speculative. Ma nel susseguirsi dei trasferimenti di proprietà dopo la prima cessione, gli immobili sono di fatto entrati nel mercato comune, non dovendo i successivi acquirenti possedere particolari requisiti per comprare e quindi per beneficiare di trattamenti agevolati. Con svariate pronunce, sia le pubbliche amministrazioni (vedi Comune di Roma) sia i tribunali, hanno messo per scritto, nero su bianco, che gli immobili potevano essere liberamente ceduti al prezzo di mercato. Con una norma postuma, nel 2011, si è però previsto che la libera cessione dovesse essere necessariamente preceduta dal pagamento di un importo per affrancazione al Comune e, senza tener conto dei passaggi di proprietà fuori dal prezzo massimo di cessione fino allora intervenuti, si è previsto che detta affrancazione potesse essere effettuata solo dal proprietario dell’epoca di entrata in vigore della norma e non da quelli precedenti. Da una interpretazione ottusa della disposizione effettuata dalla Cassazione nel 2015, la superficialità normativa ha prodotto una palese e paradossale ingiustizia.
Difatti ad esempio il povero compratore B che avesse acquistato nel 2004 un immobile, avente prezzo massimo di cessione di 100.000,00 Euro a 300.000,00 Euro dal primo assegnatario venditore A, e che poi lo avesse rivenduto nel 2006 a 250.000,00 Euro al compratore C, dal 2015 e’ esposto a cio’: azione giudiziaria per la restituzione di 150.000,00 Euro da C a B; impossibilità della azione giudiziaria per la restituzione di 200.000,00 per intervenuta prescrizione decennale da B ad A. Con la conseguenza che A, che nell’ipotesi aveva avuto accesso ai benefici perché povero, avrebbe speculato guadagnando 200.000,00 Euro; C, che povero non era, avrebbe speculato 2 volte e cioè la prima ottenendo indietro 150.000,00 Euro da B e la seconda rivendendo l’immobile, che solo lui può affrancare, sul libero mercato; B, che e’ stato tratto in inganno da amministrazioni, leggi e giurisprudenza, avrebbe perso 150.000,00 Euro oltre interessi da pagare all’improvviso dopo il 2015 in modo del tutto inaspettato.
Ebbene, in situazioni come questa si trovano centinaia di migliaia di cittadini. Lo Stato non può rimanere inerme. Con la proposta di Fratelli di Italia, se il Parlamento la approverà, in qualsiasi momento un soggetto che abbia già avuto o che dovesse avere la richiesta di restituzione della parte del prezzo di vendita in eccesso rispetto a quello massimo di cessione, potrà paralizzarla semplicemente pagando personalmente l’affrancazione al Comune o restituendo al compratore che la abbia già effettuata solo l’importo della affrancazione.
La norma che ci voleva…