Cavedagna: «In Europa una deriva orwelliana, lottiamo in difesa della libertà di parola»

In un’Europa sempre più polarizzata, il tema della libertà di espressione nel mondo digitale è al centro del dibattito politico. Le normative come il Digital Services Act (Dsa), nate per regolamentare il web, sono accusate di trasformarsi in strumenti di censura, soffocando il dissenso sotto l’etichetta della lotta alla disinformazione. In questo contesto, l’eurodeputato Stefano Cavedagna, membro di Fratelli d’Italia e vicepresidente della Commissione speciale per lo scudo e la democrazia (Euds), si è distinto per la sua strenua difesa della libertà di parola, denunciando una deriva autoritaria che minaccia i valori democratici.

Con le sue battaglie contro l’uso distorto del Dsa, l’accanimento dell’Ue verso piattaforme come X di Elon Musk e le ingerenze interne al Parlamento Europeo, Cavedagna si pone come una voce di resistenza contro il “pensiero unico”. In quest’intervista, l’eurodeputato commenta le critiche mosse da JD Vance e Giorgia Meloni alla leadership europea, svelando le contraddizioni di Bruxelles e le azioni concrete per fermare quella che definisce una “deriva orwelliana” ormai evidente a tutti.

Onorevole Cavedagna, lei ha definito il Digital Services Act un “bavaglio” che soffoca la libertà di espressione. Quali azioni concrete sta portando avanti nel Parlamento Europeo per fermare questa deriva orwelliana che minaccia il dibattito pubblico?

Il tema del digitale è in continua evoluzione e bisogna conciliare le evoluzioni tecnologiche con il rispetto della libertà di espressione delle persone. Siamo lontani dagli schemi tanto cari a certa sinistra, che vorrebbe controllare il pensiero, partendo da un uso scorretto del Digital Services Act. Sia chiaro, una legge per il web serve, ma non si può imporre alcuna forma di limitazione alla libertà di espressione che, invece, deve essere tutelata e protetta. Per questo sin da subito ho voluto partecipare attivamente alla Commissione speciale per lo scudo e la democrazia che a fine anno produrrà un report di raccomandazioni e osservazioni su questo. Ci batteremo affinché venga rispettata la libertà, quella vera, non quella finta, come vorrebbe certa sinistra. Devo dire però che le piattaforme web stanno già rivedendo le restrizioni, Meta ha cambiato le sue politiche sul fact checking per Facebook.

JD Vance, alla Munich Security Conference dello scorso febbraio, ha accusato i leader europei di minare democrazia e libertà di parola, una critica condivisa da Giorgia Meloni, che ha denunciato un’Europa che ha “perso sé stessa”. Dando per assodato che abbiano ragione, quali misure sta promuovendo la sua commissione per contrastare questa deriva autoritaria, ormai evidente a tutti, e difendere i valori democratici?

Da conservatore, ritengo che la democrazia si fondi sulla libertà di espressione, sul confronto aperto e sull’integrità delle nostre Istituzioni. Purtroppo, c’è una certa cultura woke che vuole tappare la bocca alle persone di cui non condivide le idee. Basti pensare al fatto che ormai non si può dire più nulla senza essere accusati. Sulla vita, sulla famiglia, sulle droghe, sull’immigrazione. Questo intendeva JD Vance. Finiamola con il politicamente corretto. Noi non abbiamo paura di difendere le nostre idee. La Commissione EUDS, purtroppo, è stata voluta dalla sinistra per tappare la bocca a governi non allineati o a personaggi pubblici non affini al pensiero unico. Hanno provato ad impiegarla per attaccare Orban, Elon Musk e anche Meloni. Noi siamo qui per impedire che si faccia un uso improprio di questa commissione.

L’UE sembra mostrare un accanimento contro Elon Musk e la piattaforma X, percepita da milioni di europei come un baluardo di libertà d’opinione. Come interpreta questa ostilità e quali passi concreti propone per proteggere piattaforme che favoriscono un dibattito aperto contro la censura istituzionale?

Penso che le persone, nell’esprimere liberamente i propri pensieri, siano molto più coscienti di qualche “controllore” di quali siano i limiti del buonsenso. Non possiamo trasformare la nostra società facendola diventare simile a quella di Orwell o come quella cinese, che tramite il Credito Sociale controlla tutti i “sudditi”. Esprimere le proprie opinioni sulle piattaforme social deve essere un diritto, come ci si esprime in una piazza o in un dibattito pubblico. Per questo le decisioni di limitare il dibattito politico ci fanno paura. Non si può condividere che vengano annullate le elezioni come in Romania per presunti “sospetti” di ingerenze straniere sui social network. 

L’Ue sembra usare normative come il DSA per controllare la narrativa digitale, etichettando il dissenso come disinformazione. Può indicare esempi concreti di questa propaganda istituzionale e quali iniziative sta promuovendo per smascherarla e tutelare la libertà di espressione?

L’Ue in questo momento dovrebbe guardare in casa propria anziché gridare ai complotti stranieri. Il Qatar Gate, dove diversi deputati europei quasi tutti di sinistra, sono stati corrotti per dire che nel mondo islamico si rispettano i diritti delle donne, così come il Green Gate, che sembrerebbe collegare risorse della commissione ad Ong che avrebbero influenzato il voto di alcuni deputati verso scelte “green”, sono la dimostrazione che il problema è dentro il palazzo, a Bruxelles. Per fortuna grazie a FdI e ai conservatori, su iniziativa del nostro Capo delegazione Fidanza, si terrà una commissione di approfondimento e inchiesta su questo tema. Se alcuni deputati  avessero votato scelte come le “auto green” dietro una sorta di compenso, sarebbe gravissimo. Altroché controllare i post delle persone. Siamo e saremo sempre per difendere il buon senso.

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Alessandro Nardone
Alessandro Nardone
Consulente in comunicazione strategica, esperto di branding politico e posizionamento internazionale, è autore di 12 libri. Inviato in tutte le campagne elettorali USA dopo aver fatto il giro del mondo come Alex Anderson, il candidato fake alle presidenziali americane del 2016.

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