Ricorderete, ai tempi dei governi di Prodi e di Monti, l’ossessivo ritornello “ce lo chiede l’Europa”, quando si trattava soprattutto di aumentare le tasse. Ecco, ora ci siamo ed è lecito chiederci se fosse il modo migliore per entrarvi. Oggi, tuttavia, il mantra (che tornerà, vedrete) è stato sostituito da uno molto simile: al posto della Ue c’è la “scienza” “Ce lo chiede la scienza” ripetono in coro Draghi, Figliuolo, Letta, Speranza fino all’ultimo propagandista.
Ci chiede cosa?
Tendenzialmente, le chiusure e ora il green pass. Il problema è che la Ue bene o male sappiamo cosa sia, mentre sapere cosa sia la scienza non è scontato. Migliaia di filosofi vi hanno riflettuto nel corso dei secoli, ed il dibattito aperto dai pre socratici greci non credo possa essere chiuso da Cecchi Paone, per dire. L’idea di scienza che viene sparsa a piene mani è ingenua e dogmatica, tipica di coloro che non sanno cosa sia e degli scienziati “pratici”, coloro che non riflettono teoricamente sul loro operato. Ingenua e dogmatica assieme, e poco importa che tutta la filosofia, tutta la scienza e tutta la epistemologia da fine Ottocento in poi abbiano demolito l’assunto che la scienza coincida con la verità. Il fatto è che, come accadeva nei regimi totalitari, la scienza, nel regime sanitocratico nascente, viene politicizzata, utilizzata come instrumentum regni, come fonte di legittimazione e infine come attrezzo propagandistico. E in questo modo si danneggia per prima proprio la scienza. Ci riflette il saggista inglese Matt Ridley, intervistato dal “Wall Street Journal” del 23 luglio. Ridley è un’autorità in materia nel Regno Unito e a breve uscirà un suo volume, scritto con la biologa Alina Chan, intitolato “Viral: The Search for the Origin of Covid-19,”
La “politicizzazione della epidemiologia”
Proprio andando alla ricerca delle origini del Covid, Ridley si è reso conto di quanto in Cina la scienza sia al servizio del regime ma soprattutto di quanto gli scienziati occidentali siano legati al Dragone, cosa che, spiega Ridley, ha fatto tardare nella individuazione della pandemia. Il fatto è, spiega il saggista, che bisogna distinguere tra scienza come sapere e scienza come istituzione. La seconda, con la pandemia, è diventata una “fonte di potere” e ha cementato una ideologia per cui “se gli scienziati fossero alla guida della cosa pubblica tutto andrebbe per il meglio”. La “politicizzazione della epidemiologia”, qualcosa che non avveniva dai tempi del nazional socialismo, spiega Ridley, ha prodotto però un soffocamento del dibattito scientifico vero. La scienza come sapere è infatti fondata sul dubbio, sulla critica e sul rigetto delle condanne dogmatiche. Che invece sembrano prevalere oggi, e non solo sul covid. Ridley nota ad esempio che non è più possibile un dibattito sereno tra gli scienziati sul clima: chi avanza timidi dubbi sul climate change, viene immediatamente ostracizzato, il che vuol dire tagli di fondi per la ricerca, estromissione da riviste scientifiche e così via.
Democrazia: “credere negli esperti”
Abbiamo letto di recente da parte di uno scrittore che evidentemente non conosce la filosofia della scienza (e la scienza della politica) che la democrazia significherebbe “credere negli esperti”. Che potrebbe essere lo slogan del regime tecnocratico (i tecnici sono esperti per definizione) fondato sulla bio sorveglianza, Noi preferiamo credere al grande fisico statunitense Richard Feynman il quale riteneva che la scienza è la fede nella ignoranza degli esperti. Vale a dire che nessuno è “esperto” su tutto e soprattutto non lo è per sempre. Che la scienza è continuamente sottoposta a revisioni. E che gli scienziati, in democrazia, se vogliono comandare, dovrebbero candidarsi alle elezioni.
Abbiamo sempre fatto cio’ che ci hanno chiesto altri. Spero che qualcuno degli altri seguiti ci chieda presto di ammazzare Prodi e Monti e spero ancor piu’ che vengano seguiti. Grazie.