Censura, controllo sociale, spese monitorate. La dittatura Rosso-Gialla.

Prima la mozione Segre che istituisce un’ambigua commissione contro l’odio in rete, poi la proposta Marattin di rendere obbligatoria la carta di identità sui social, infine gli esiti di una manovra economica che, non solo mette le mani in tasca agli italiani, ma controlla ogni spostamento di denaro attraverso pagamenti elettronici e bancomat. Le sinistre continuano a proporre un modello di stato pervasivo che invade le libertà individuali dei cittadini, da una parte la libertà d’espressione dall’altra quella economica, a ben vedere infatti dietro l’istituzione di una commissione “contro l’odio” (di per sé cosa buona e giusta) si nasconde l’ennesimo tentativo inquisitorio mosso dai paladini del pensiero unico che arrivano ad annoverare tra le manifestazioni di “odio” persino un non meglio identificato “nazionalismo”, va da sé l’uso strumentale che gli autoproclamatisi alfieri della democrazia faranno di questa commissione.

Ma i falsi liberali di Italia Viva si sono spinti oltre proponendo attraverso il loro deputato Marattin di rendere obbligatoria la carta d’identità per poter accedere alle piattaforme social, insomma lo Stato vuole monitorare chiunque voglia esprimere le proprie idee in qualsiasi ambito, una mania di controllo che non si arresta nemmeno davanti ai portafogli degli italiani, anzi con il pretesto della lotta all’evasione, si aumentano le tasse e  s’incentiva l’uso della moneta elettronica favorendo i grandi istituti bancari a discapito del denaro contante e monitorando le spese dei cittadini.

Davanti ad uno statalismo così aggressivo e onnipervadente verrebbe da chiedersi se l’Europa auspicata da PD, Italia Viva e 5Stelle non sia quella del Patto di Varsavia, con l’unica differenza che nei futuri soviet non siederanno più politici e rappresentanti della classe operaia, ma eurocrati e delegati dell’alta finanza. La grande contraddizione risiede proprio in questo ambiguo e pericolosissimo connubio tra istituzioni europee ed interessi finanziari, un mix storicamente osteggiato dai più alti esponenti del liberismo nostrano ed internazionale che al contrario hanno sempre auspicato una netta divisione tra Stato e mercato.

Non a caso sull’eccessiva tassazione una figura nobile del liberismo italiano, nonché ex-Presidente della Repubblica, come Luigi Einaudi affermava: “è nella coscienza di tutti che la frode fiscale non potrà essere davvero considerata alla stregua degli altri reati finché le leggi tributarie rimarranno, quali sono, vessatorie e pesantissime e finché le sottili arti della frode rimarranno l’unica arma di difesa del contribuente contro le esorbitanze del fisco”. Siamo lontanissimi dal pensiero dei legislatori moderni che, in forza ad un pregiudizio di vero “odio”, etichettano commercianti ed imprenditori come evasori colpevoli fino a prova contraria. In questo quadro desolante la vittima più illustre è ancora una volta la libertà individuale che soccombe davanti all’interesse politico statale, è per questo che vale la pena ammonire eurocrati e falsi “liberal” con le illuminanti parole di Lord Acton: “la libertà non è un mezzo per raggiungere il più alto fine politico. È essa stessa il più alto fine politico”.

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