Click day della vergogna. Dalla denuncia di Meloni alla rete criminale smascherata: ecco chi lucrava sui permessi

Una rete fatta di clan, avvocati, caf, imprenditori e pubblici ufficiali usava identità digitali e assunzioni fittizie per far entrare clandestinamente in Italia migliaia di stranieri. Dopo l’allarme della premier, la Procura e la polizia svelano il sistema

“Un anno fa ci accusavano di fare propaganda. Oggi la realtà ci dà ragione.”
Con queste parole Giorgia Meloni torna sulla vicenda che, nel giugno 2024, l’aveva vista depositare un esposto formale alla Procura nazionale antimafia e antiterrorismo per denunciare gravi anomalie nei cosiddetti click day per i permessi di soggiorno.

A distanza di dodici mesi, le cronache giudiziarie confermano in pieno le sue preoccupazioni. In una maxi-operazione scattata ieri all’alba, la Squadra Mobile e la Procura di Napoli hanno eseguito 45 misure cautelari (di cui 11 in carcere, 23 ai domiciliari e altre con obblighi di firma) contro una vera e propria associazione a delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.

Un click da 10.000 euro: così funzionava il traffico

Al vertice della rete criminale, secondo gli inquirenti, c’erano avvocati, caf, intermediari e persino appartenenti alle forze dell’ordine, che in cambio di denaro – fino a 10.000 euro per straniero – garantivano assunzioni fittizie e creavano identità digitali su misura per superare le procedure online di ingresso nel territorio nazionale.

Il sistema sfruttava la piattaforma del Ministero predisposta per ricevere le domande di manodopera estera, falsificando documenti e gonfiando le richieste delle aziende. Le assunzioni virtuali venivano registrate in massa durante i click day.

La denuncia di Meloni e l’indagine della Dna

Già lo scorso anno, Giorgia Meloni aveva evidenziato che in Campania meno del 3% delle domande si traducevano in veri contratti di lavoro. Meloni parlò in Consiglio dei Ministri di “una sproporzione tra domande avanzate e assunzioni reali” e consegnò un esposto che fu l’avvio formale delle indagini oggi giunte a compimento.

Clan, caf e pubblici ufficiali: i complici del sistema

Il cuore dell’indagine, guidata dal procuratore Nicola Gratteri, ha toccato anche nomi eccellenti della camorra: in particolare il clan Fabbrocino avrebbe messo a disposizione aziende compiacenti e documentazione falsa.

Tra i 45 indagati, anche un agente della polizia municipale di Bolzano, un poliziotto, una vigilessa e diversi imprenditori agricoli che hanno simulato emergenze di manodopera per giustificare le richieste.

“Avanti senza paura”

“Oggi – ha scritto Meloni – arrivano ulteriori conferme inquietanti: identità digitali costruite a tavolino, assunzioni false, legami con i clan, soldi in cambio di accessi illegali nella nostra Nazione.”

Il procuratore Gratteri ha invocato una maggiore blindatura delle procedure, osservando che “la semplificazione apre spazi ai criminali” se non accompagnata da controlli rigorosi.

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