Il dibattito post elettorale nel centro destra sembra essere rimasto in arretrato di un ventennio. Anche la scelta delle parole, ormai gusci vuoti come “moderati” “radicali” e via dicendo, dimostra come ai più non sia chiaro quanto lo scenario sia mutato. E come la posta in gioco, quella politica nel senso di amministrazione della communitas, non sia più tanto economica quanto soprattutto culturale. Di scontro di visioni del mondo.
Il vecchio centro desta nacque negli anni Novanta: sono passati quasi trent’anni ma sembrano trecento. Allora destra e sinistra si distinguevano solo per le differenti, e poi neanche tanto, ricette economiche. Era il tempo del motto “it’s the economy, stupid”. Oggi invece, come scrive il “Wall Street Journal”, è il tempo di “it’s the culture, stupid”.
La lotta politica è tornata ad essere contrapposizione di visioni del mondo, e la pandemia, ancorché creare un terreno comune, ha incrementato la polarizzazione, pure incattivendola. Ovunque, la sinistra è diventata più radicale, la destra più decisa: entrambe hanno accentuato il loro tratto identitario. E pensare che c’è chi teorizza ancora che si vinca al centro, un azzurro pallidino destinato a incontrare il rosé smunto dei tardissimi blairiani, nel frattempo canuti ed adiposi.
Serve perciò maggiore identità, e non confusione. Ed è solo quando possiedi una identità certa e forte, che puoi dialogare con gli altri. E servirebbero molti più libri come quello che ha scritto Francesco Borgonovo: Conservare l’anima. Manuale per aspiranti patrioti (Lindau) Un testo che coglie tutte le questioni che un politico, un intellettuale, e chiunque agisca nella sfera pubblica, dovrebbe affrontare. Cosa è la patria? Cosa è la famiglia? Cosa sono i sentimenti? Cosa è infine, l’anima?
Il libro è un manuale di autodifesa, perché il primo compito del conservatore per Borgonovo consiste nel difendere. E, aggiungiamo noi, di funger da forza frenante, secondo il concetto paolino di κατέχον. Difendere la casa, la famiglia, il padre, la madre, la libertà. Ognuna di queste figure si trova oggi sotto attacco da parte della cultura dominante, progressista, globalista, economicista, immanentista e materialistica. Si tratta di una offensiva, quella del progressismo globalista, che possiede chiare matrici religiose, discendenti dallo gnosticismo e dal settarismo protestante anglosassone, a cui oggi solo il pensiero cattolico è abbastanza attrezzato da fare fronte.
Ci sono due modi sbagliati per fronteggiare questo nemico, che si auto rappresenta come progresso. Uno è quello di aderire ai suoi paradigmi, ma da una posizione più moderata, più “ragionevole” rispetto a quella dei progressisti: è quello che propongono intellettuali e politici che noi chiamiamo “la destra di sinistra”, e che invece loro si definirebbero “liberal conservatori”. Essi vorrebbero essere anche ragionevoli, peccato che non lo siano i loro avversari.
L’altro è quello di contrapporsi a a questa rivoluzione antropologica con interventi legislativi e forzature politiche, destinate inevitabilmente a fallire o ad essere rovesciate poco tempo dopo. Quel che occorre è riscoprire le fondamenta dell’umano contro il progressismo intenzionato a sconvolgere l’antropologia e a creare un uomo nuovo. E anche da questo punto di vista il lavoro deve essere culturale, e quotidiano, necessariamente votato alla lunga distanza.
In tal senso, il libro di Borgonovo si può definire un manuale di battaglia: perché smonta a ogni pagina la ideologia progressista, ne svela le inevitabili contraddizioni, e propone un contro-discorso, da anteporre a quello del mainstream. Non è certo un catechismo del conservatore. Anzi è un saggio ricchissimo di riferimenti bibliografici e di spunti. Tuttavia è talmente chiaro e scorrevole che crediamo sarà compreso da tutti, pur nella complessità delle questioni.
Andrebbe studiato nelle scuole di formazione dei partiti conservatori (se tali scuole esistessero) ma non è in prima istanza un testo di politica. Diremmo anzi che, da un punto di vista di vecchie partizioni filosofiche, si collocherebbe nell’ambito della filosofia morale o etica. Insegna (o almeno propone) come vivere una “vita buona” in senso aristotelico. Che deve essere caratterizzata dal “dono”, il concetto che lega tutti i capitoli del libro.
Mentre l’Uomo Progressista è individualista e narcisista (a dispetto della retorica “solidaristica” del tutto esteriore) l’Uomo Conservatore ispira o dovrebbe ispirare la sua vita al principio del Sacrificio, del donare se stesso – a tal proposito, sono splendide le pagine dedicate al Samurai e al Cavaliere. L’Uomo Conservatore, oggi, è, o almeno, secondo Borgonovo, dovrebbe essere, un rivoluzionario, mentre Marcello Veneziani, nella prefazione al volume, preferisce tessere l’elogio del Ribelle.
L’Uomo Conservatore forgia il proprio corpo assieme alla propria mente: “portare la spada richiede allenamento dello spirito e del corpo, una sorta di ascesi che libera dal superfluo. E qui la spada fa risaltare la virtù dei suoi due tagli: uno per combattere il nemico e difendere i deboli: l’altro per eliminare ciò che eccede, per combatter la dismisura che è il tratto caratteristiche della nostra epoca”. Per cominciare a forgiare la propria spada, leggere Conservare l’anima non è che il primo passo: ma necessario.
Buongiorno, preso ma ancora non letto. Prima devo finire un altro. Mi è comunque piaciuto subito il titolo. Lei ha spiegato ( e ci mancherebbe) troppo bene.