A Cernobbio, ComoLake 2025 continua a raccontare un’Italia che da tre anni a questa parte non osserva la rivoluzione tecnologica da spettatrice, ma la guida con visione e pragmatismo. Villa Erba è diventata in questi giorni il crocevia tra scienza, politica e impresa: un luogo dove il futuro non è una proiezione teorica, ma un processo che si sta già realizzando.
C’è un filo rosso che unisce l’invenzione della stampa di Gutenberg, l’energia di Volta e l’intelligenza artificiale: ogni rivoluzione tecnologica è anche una rivoluzione culturale. La prima ha diffuso il sapere, la seconda ha alimentato il progresso industriale, la terza sta riscrivendo il rapporto tra uomo e informazione. È la rivoluzione digitale, quella che sta ridisegnando il confine tra libertà e controllo, tra creatività e automatismo. Un’epoca in cui la conoscenza non è più appannaggio di pochi, ma al tempo stesso ogni individuo rischia di diventare trasparente di fronte al potere dei dati.
In questo scenario, ComoLake propone una riflessione che va oltre l’entusiasmo tecnologico. Qui la parola “innovazione” non è un feticcio, ma un impegno. Dopo gli interventi dei premi Nobel e dei protagonisti della ricerca internazionale, il sottosegretario Alessio Butti sintetizza con chiarezza la direzione del Governo: «Non siamo più in un’epoca in cui i cittadini devono andare dallo Stato, ma in cui è lo Stato ad arrivare dai cittadini».
È il concetto di Stato agente, una delle intuizioni più forti di questa edizione. L’idea di un’amministrazione che non costringe il cittadino alla burocrazia, ma lo accompagna, anticipando i bisogni e rispettando il suo tempo. La tecnologia, in questa visione, non serve a complicare la vita ma a restituire tempo e dignità alle persone. È un cambio di paradigma culturale prima ancora che digitale, reso possibile da risultati concreti: oltre 800 milioni di documenti digitalizzati e 9.000 enti già connessi alla Piattaforma Digitale Nazionale Dati, che sta rivoluzionando il modo in cui le istituzioni comunicano tra loro.
ComoLake mette in luce anche un concetto sempre più centrale nel dibattito internazionale: la sovranità tecnologica. L’Italia è il primo Paese al mondo, dopo l’AI Act europeo, ad aver approvato una legge nazionale sull’intelligenza artificiale. Non un gesto simbolico, ma un atto politico. Significa proteggere le nostre imprese, valorizzare i nostri ricercatori e affermare che la tecnologia deve essere uno strumento al servizio dell’uomo, non il contrario. «Abbiamo scelto di regolare l’intelligenza artificiale secondo la nostra identità» spiega Butti, «perché l’Italia è l’Italia».
Il forum conferma anche la centralità del quantum computing, con la nascita della Q Alliance, un accordo siglato proprio qui a Cernobbio tra IonQ e D-Wave, due protagonisti mondiali del settore. È la prima collaborazione al mondo tra due tecnologie concorrenti e porterà all’assunzione di cento ricercatori, in gran parte italiani. Un segnale forte, che dimostra come il nostro Paese sia in grado di attrarre investimenti ad alto contenuto scientifico, ma anche di trattenere talenti che troppo spesso sono costretti a emigrare.
Nelle parole dei relatori e nel clima dell’evento si avverte un messaggio condiviso: l’innovazione è libertà. Ma solo se è guidata da un’etica, da una visione e da un’identità. «La tecnologia, se ben orientata, può essere uno strumento di pace, progresso e libertà» ribadisce Butti, ricevendo l’applauso della platea. È un concetto che attraversa tutti i panel, dalla sanità digitale alla mobilità, dalle infrastrutture all’energia: l’Italia non vuole semplicemente digitalizzare, vuole umanizzare l’innovazione.
In riva al Lago di Como, circondati dalla bellezza e dalla storia, la sfida è chiara: costruire un modello italiano di futuro, dove la modernità non cancelli le radici ma le rinnovi. ComoLake 2025 non celebra la tecnologia: la orienta. E in questo c’è forse la vera rivoluzione culturale del nostro tempo.